Il 28 gennaio si terrà a Napoli il Forum dei Comuni per i Beni Comuni promosso da Luigi de Magistris. Un’occasione di confronto tra amministratori locali e movimenti.

La crisi ha una dimensione globale. Il vecchio continente è oggi in balia delle scelte della banca centrale europea, fortemente influenzata da quella tedesca. I governi degli stati nazione sono sempre più commissariati provocando la riduzione all’osso dello spazio della politica – e di conseguenza dell’incisività della pressione del conflitto sociale – sul processo di formazione della decisione sui temi economici e sociali. I governi alla “Merkozy”, o quelli alla Papademos e Monti, non sono altro che la tentacolare protuberanza degli attori di quel “finanzcapitalismo” ben raccontato da Luciano Gallino.

Lo spazio Europeo inteso nella complessità degli spazi degli organi istituzionali resta lo scenario senza dubbio prioritario dove agire lo scontro politico e sociale. Temi come il diritto alla bancarotta devono fare i conti con la dimensione dell’annullamento dello spazio delle istituzioni nazionali e sulla indispensabilità dello scenario europeo come territorio dove agire la contrapposizione tra gli interessi del 99% e dell’1%.

È su quel “territorio” politico che bisogna misurarsi con la necessità di costruire un’alternativa politica e culturale credibile capace di immaginare un’uscita dalla crisi fuori dalle compatibilità con gli interessi di chi l’ha generata a partire dalle enormi bolle speculative. Quelle compatibilità e quegli interessi di chi oggi chiede la dismissione di ogni garanzia sociale pretendendo ad esempio nel nostro paese la privatizzazione dei servizi pubblici, la cancellazione del contratto collettivo nazionale come base propedeutica alla cosiddetta riforma del mercato del lavoro, il saccheggio dei beni comuni a cominciare dai beni demaniali.

Così mentre lo spazio europeo rappresenta il centro di snodo delle politiche di austerità che faremmo bene a cominciare a definire politiche di aggressione sociale, lo spazio metropolitano diventa il luogo dove la crisi si abbatte con maggiore irruenza. Per questo la dimensione degli enti locali, dei comuni, risulta non solo essere l’organo istituzionale di prossimità su cui si scatenano le politiche di austerità, ma anche il primo possibile baluardo di resistenza ad esse.

Il tema dei servizi pubblici e della loro paventata privatizzazione, il tema dei beni comuni ed il loro saccheggio, il taglio micidiale al welfare municipale, rappresentano uno scenario in cui il ruolo dei comuni e la possibilità di incidere da parte delle lotte sociali sulle scelte delle amministrazioni in termini di contrapposizione con le politiche sovranazionali di aggressione sociale, risulta essere centrale.

Il Forum dei comuni per i beni comuni promosso dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris per il prossimo 28 gennaio nel capoluogo partenopeo è l’occasione per provare a ragionare intorno a questi temi costruendo da subito un incontro tra movimenti, cittadini ed amministratori degli enti locali che pone al centro della propria riflessione le modalità di costruzione di campagne e rivendicazioni capaci di aprire un solco, quello dell’utilizzo degli enti locali come baluardo di opposizione alle politiche di austerità ed aggressione sociale decise a livello europeo e globale. La proposta del sindaco arancione vede il forum articolato in tavoli tematici che vedranno i contributi di amministratori, attivisti, economisti, sindacalisti intorno a questi centrali come l’autonomia finanziaria degli enti locali; i beni comuni ed i servizi pubblici, il welfare; i diritti e le politiche per i migranti; le politiche della mobilità e dei trasporti; il ciclo dei rifiuti e lo sviluppo sostenibile.Temi su cui si gioca non solo la possibilità di uno spazio metropolitano che diventa cantiere della costruzione dell’alternativa, ma anche la possibilità – a cui bisogna premettere l’accertamento della volontà politica – di costruire a partire dai territori una mobilitazione nel paese. A chi ci vuole infarciti del “senso di colpa” e dunque chini nell’accettare tagli e dismissione dei diritti per pagare il debito, si deve provare a rispondere con una idea di movimento complessivo che, a partire dal conflitto sociale, possa trovare spazio nelle pratiche amministrative territoriali, in modo da costruire la possibilità dei conflitti di incidere sulla decisione politica ai tempi del commissariamento della stessa. Una sfida importante e per niente scontata.

Questioni come quelle del rispetto del patto di stabilità, il mantenimento dei servizi pubblici, la tutela ed il governo partecipato dei beni comuni rappresentano questioni centrali quando affrontiamo il tema della costruzione di alternative.

La necessità di rilanciare il conflitto sociale, rompere la coltre mediatica e talvolta demagogica – il Gico della Guardia di Finanza rischia di diventare il paladino dei poveri – imposta dal governo Monti significa anche, ma non solo, misurarsi con lo spazio dei comuni. Un rapporto, quello tra movimenti ed enti locali, che non può vivere di nessuna allusione alla subalternità dei primi sui secondi, non rinunciando da parte degli amministratori ad una messa in discussione del loro ruolo a partire dall’assunzione spietata della fine della rappresentanza intesa come l’abbiamo conosciuta dal dopoguerra ad oggi.

L’appuntamento del Forum dei comuni per i beni comuni sarà l’occasione per avviare un percorso assolutamente nuovo in tempi recenti, uno spazio aperto su cui vale la pena scommettere.

Tratto da Micromega 12 gennaio 2012