climatechange-82514_200x200Dieci anni per salvare il pianeta. L’allarme dell’Ipcc

 da eco-magazine.info

Quattro futuri possibili. E il migliore è “solo” una catastrofe. C’è poco da stare allegri a leggere le anticipazioni del quinto rapporto dell’Ipcc, Intergovernmental Panel on Climate Change, il centro studi intergovernativo che si è meritato il premio Nobel studiando i cambiamenti climatici. Il malloppone di oltre 2200 pagine, frutto di sei anni di ricerche di circa 2000 scienziati, sarà ufficializzato dall’Onu solo tra un paio di giorni, il 27 settembre, ma il sunto del lavoro è presto detto: abbiamo 10 anni di tempo per salvare il salvabile del pianeta. Altrimenti… kaputt!

L’Ipcc ha individuato quattro scenari principali per la fine del secolo in corso. Nel migliore dei casi, il livello del mare si alzerà di 24 centimetri (e non posso fare a meno di osservare che a Venezia avremo da risolvere il problema del Mose, non soltanto assolutamente inutile con questa marea ma anche “a rischio Vajont”) mentre la temperatura aumenterà di “solo” un grado rispetto al periodo 1986 – 2005. Il che significa, 1,7 gradi in più rispetto all’epoca preindustriale. Andasse tutto bene, faremmo così la barba alla soglia che i governi mondiali hanno indicato come limite di sicurezza per non fare la fine dei dinosauri, che è di 2 gradi.

Nel peggiore dei casi invece, il livello dei mari a fine secolo aumenterà di 62 centimetri e la temperatura di 3,7 gradi rispetto alle medie del ventennio appena trascorso. Il limite di sicurezza in questo caso, verrebbe sfondato alla grande: 4,2 gradi in più per il nostro pianeta rispetto all’epoca preindustrale. Come dire: ciao uomo! “Sopra i 4 gradi – ha commentato Riccardo Valentini, coordinatore europeo dell’Ipcc – l’impatto sulla vita del pianeta sarebbe pesantissimo: i biologi ormai parlano di sesta estinzione di massa”.

Ma senza fare dell’inutile allarmismo, e ricordando che è necessario attendere la lettura del rapporto per farsi qualche idea più precisa, viene da domandarsi quale scenario tra questi due estremi sia effettivamente quello più probabile. La risposta è che non ce n’è uno più probabile degli altri perché dipende tutto da noi.

La causa principale dei Cambiamenti Climatici è l’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera del nostro pianeta. Nell’epoca preindustriale, usata dall’Ipcc per fare un raffronto, la Co2 era presente in 280 parti per milione. Oggi abbiamo già oltrepassato la soglia di 400 parti per milione. Se riuscissimo a stabilizzarci, nei prossimi dieci anni, dentro le 421 parti, l’umanità avrebbe imboccato la strada per lo scenario migliore sopra descritto. E già, “migliore” è il caso di scriverlo tra virgolette perché prevede, tanto per fare un esempio, un aumento del numero e della potenza di uragani e di altri fenomeni meteorologici estremi, scomparsa di tantissime specie animali, scioglimento dei ghiacciai, desertificazione, epidemie, carestie e tutto quello che ne consegue.

Tutto questo se ci andasse bene. Tutto questo se sin da subito rinunciassimo all’uso di combustibili fossili, responsabili assieme alla produzione di cemento dell’89 per cento delle emissioni di Co2. Tutto questo se fermassimo sin da ora la deforestazione che contribuisce per il rimanente 11 per cento. Tutto questo insomma se l’umanità e chi la governa si rendesse conto che siamo seduti su un pianeta fragile che non possiamo più continuare a sfruttare come abbiamo fatto sin d’ora se non vogliamo trasformarlo in un forno per la pizza. Mai come con i Cambianti Climatici la forbice “scienza – politica” si è divaricata. E, purtroppo, quella che detta legge è ancora la politica che quasi mai riesce a “vedere” oltre la prossima scadenza elettorale.

Eppure nessuno oramai – fatto salvo qualche opinionista di Libero – nega che qualcosa sta pericolosamente cambiando attorno a noi. In questo suo quinto rapporto, l’Ipcc si prende la soddisfazione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e risponde ai negazionisti di ieri – grazie anche alle prove accumulate negli ultimi anni di ricerche – che “il cambiamento climatico è oggi virtualmente certo”, così come certo e irreversibile è l’aumento della temperatura del pianeta.

Nei prossimi dieci anni quindi, ci giochiamo la sopravvivenza non solo dell’umanità ma di tutto il pianeta così come lo conosciamo ora. Il conto alla rovescia è già partito e non sarà un bel traguardo quello che ci aspetta. Agendo sul risparmio energetico, la decrescita, l’uso di fonti rinnovabili e il cambiamento dei nostri stili di vita possiamo ancora contenere i danni. Ma bisogna fare presto. Tra qualche anno sarà già troppo tardi.