LA SIRIA, IL MUOS, LE NUOVE GUERRE E IL VUOTO DELLA POLITICA

di Pietro Orsatti ·

Muos di Niscemi – agosto 2013 – foto di Sebastiano Gulisano

Domani – o addirittura oggi stesso – gli Usa e la Nato daranno il via a un’operazione di guerra in Siria. Aerea, ovviamente. Infilarsi in un’operazione che preveda un intervento di terra sarebbe una follia, visto che poi comunque la carne da cannone è già sul campo a farsi cannoneggiare dopo che per mesi le armi e gli aiuti all’opposizione a Assad pagati dalle democrazie occidentali sono andati “a regime”.

L’Egitto, intanto, è scivolato in coda nella gerarchia delle notizie con velocità impressionante, ma è una bomba innescata nel Mediterraneo che è destinata a esplodere nei prossimi mesi.

Venti di guerra dopo le speranze delle presunte “primavere arabe”.

Cose che ci riguardano, se fossimo un paese normale. Ma non lo siamo. Abbiamo altro di ben più importante a cui pensare. Abbiamo la grazia, il lasciapassare o il regalino a Silvio Berlusconi, Luciano Violante che non vede l’ora di farlo quel regalino, i montiani esultano; e intanto Grillo vuole mantenere il porcellum e taglia teste nel suo partito padronale al minimo dubbio, il Pd ormai è almeno tre partiti, mezza azienda e quattro camioncini della porchetta, la sinistra non è diffusa e ancor meno “radicale” e il governo vivacchia fra un ricatto e un veto, una minchiata e un’altra.

La politica. Oh, si, la politica italiana. Nel mondo ci conoscono bene, dopo tutto ci siamo tenuti Silvio Berlusconi per vent’anni e siamo passati dal più grande partito comunista dell’Europa occidentale al peggiore partito di centro sinistra del continente senza battere ciglio. Non ci prendiamo sul serio noi, figuriamoci se lo fanno i nostri alleati e soprattutto gli Stati Uniti.

La nostra inconsistenza politica si rispecchia nel ceto che l’ha occupata, un ceto vecchio e nuovo che governa da vent’anni il teatrino mediatico strangolando ogni novità che emrge all’esterno e al quale perfino Grillo si è iscritto fingendo di essere altro. Un ceto inamovibile, autoreferenziale, inconsistente, culturalmente sciatto e impegnato solo a sopravvivere o a occupare spazi di potere attraverso un processo che comprende la negazione della realtà, l’assenza di ascolto verso la società e soprattutto ha rimosso la pur minima vocazione di agire per il pubblico interesse. Tutto il resto non c’è. Non ci sono i movimenti – e quei pochi che nascano vengono o isolati o strumentalizzati -, non ci sono gli intelletuali, non ci sono i giornali. Scivoliamo dalla marginalità alla pantomima.

Venti di guerra nel Mediterraneo, quindi.

Che ci riguardano, e tanto. Non solo perché paese affacciato sullo stesso mare dove è esplosa la crisi o perché nella Nato, ma soprattutto perché, anche contro la nostra volontà, saremo centrali nel prossimo e vicinissimo conflitto. Militarmente. Se non saremo direttamente coinvolti con nostri mezzi, la presenza di basi Nato e Usa sul nostro territorio comunque ci renderà protagonisti a prescindere dalla nostra stessa volontà. In particolare, la Sicilia sarà trascinata dentro a un conflitto inumano – e politicamente miope per le reazioni che scatenerà – come quello che si delinea: ad alta tecnologia e con il minimo coinvolgimento di esseri umani.

Quindi droni.

E dove sono i Droni nel Mediterraneo? A Sigonella. E dove si sta terminando l’ultimo nodo della rete di controllo degli aerei teleguidati? A Niscemi. E si sta parlando del Muos.

E proprio a Niscemi sta andando in scena da mesi la pantomima più squallida. Un movimento, di cittadini e di popolo, è diventato suo malgrado il bersaglio delle campagne demagogiche e strumentali della peggiore scuola politica e mediatica italiana. Quelle di Crocetta, quelle del Pd, quelle di chi cerca di criminalizzare o strumentalizzare. Prima il Muos non lo voleva nessuno, a parole, poi – se dice bene – sono spariti tutti, riducendo il movimento e i cittadini di Niscemi a uno stato di isolamento inimmaginabile fino a due mesi fa, schiacciati dalla macchina da guerra degli Usa, dalla politica italiana prona agli ordini dell’alleato forte e dalla inevitabile lettura di quel conflitto sacrosanto fra interessi comuni e logiche di guerra come una semplice questione di ordine pubblico. Come sta avvenendo nel quasi totale silenzio in questo raccapricciante finale di estate.

E tutto questo avviene senza che nessuno provi il minimo imbarazzo.

Un movimento, quello del NoMuos, che è nato dalla preoccupazione, trasformatosi in allarme, per gli effetti delle emissioni elettromagnetiche sulla salute e l’ambiente – dovreste vedere quale è l’incidenza di tumori e leucemie in quel territorio – e poi diventato pienamente consapevole di quello che il Muos rappresenta già oggi nelle guerre di oggi e del futuro. Una guerra di macchine. Senza emozioni e dubbi umani. Si, perché – e qui la disinformazione in Italia ha ragiunto vette sublimi con il compiacimento della politica – il Muos, o meglio la base Usa di Niscemi e le antenne, ci sono da più di un decennio e la parte relativa alle nuove installazioni è di fatto quasi terminata e probabilmente in parte già operativa. Da qui le comunicazioni a erei e sommergibili e navi, da qui i comandi ai droni, da qui una rete di spionaggio e controllo globale delle comunicazioni da far impallidire il preistorico Echelon.

Quest’anno cade il trentennale di Comiso, di quel movimento che cambiò tanto in Sicilia e nel nostro paese sulla percezioni delle relazioni internazionali e della politica Atlantica. Potenzialmente il Muos per gli Usa ha un’importanza strategica 20 volte superiore a quella rappresentata dalla base di euromissili di Comiso. Quel movimento ebbe un impatto enorme, innescando relazioni nazionali e internazionali, mettendo insieme i territori di mezzo mondo, coinvolgendo intellettuali e politica, proponendo un intreccio non strumentale fa movimento, associazioni, il Pci di Pio La Torre e l’associazionismo cattolico: da lì nasce il movimento ecopacifista non solo in Italia ma in Europa.

NoMuos invece viene letto come fatto locale, marginale. E facilmente occultabile e da spazzare via con la repressione senza tanti occhi indiscreti. Ed è tutto facilmente comprensibile, in questa vigilia di guerra. Il movimento della pace è stato spazzato via a Genova nel 2001 dalla macelleria messicana, i movimenti territoriali come quelli contro l’Alta velocità o le discariche o i mega progetti di opere pubbliche inutili e distruttive sono stati progressivamente isolati e criminalizzati. E soprattutto è scomparsa la politica. Cioè, lo spazio della politica è ancora lì, ma è stato occupato – e con il porcellum perfino abusivamente – da un ceto politico assolutamente autoreferenziale e sordo a qualsiasi cosa si muova nella società.

Questo il punto. Questo dove è necessario prendere posizione e mettere la faccia. Chiamando le cose con il loro nome e impedendo che queste ultime barricate di una civiltà fondate sulle persone e non sugli interessi di ceti senza rappresentatività vengano spazzate via dal silenzio prima ancora che dall’esercizio muscolare del potere.