22 / 12 / 2011

 Una delle peculiarità di questa crisi, che a nostro avviso è allo stesso tempo «del» e «nel» capitalismo, sembra quella di rendere tutto molto cristallino. L’opacità classica dei processi che in ultima istanza generano ciò che chiamiamo sfruttamento e dominio sull’uomo e sulla natura, è sostituita da un disvelamento che appare persino arrogante, tanto è palesato. Il passaggio del Governo Monti è in qualche modo figlio di un’idea bipartisan di abdicazione della politica e della democrazia. Negarlo, come fanno coloro che lo ritengono un’obbligata conseguenza dell’emergenza, è solo un modo per imbrogliare i cittadini e se stessi. Anche l’Europa, per la prima volta, si presenta per quello che è: lo spazio politico dove l’egemonia neoliberista della finanza del capitale e del mercato, è fatto proprio dal sistema dei partiti e dei governi, fuori e contro gli ideali, e la retorica, dei “padri fondatori”.

A farne le spese, in tutt’e due i casi, sono le costituzioni del dopoguerra, il sistema del welfare e dei diritti politici e sociali, l’ambiente, e in sostanza la vita della stragrande maggioranza dei cittadini. L’arroganza tecnocratica è la naturale conseguenza della sovranità affidata a chi è presentato, dalla politica, e si presenta, come esclusivo detentore dell’unica verità.

Dopo il 15 ottobre, lo spazio politico e di relazioni che si era costituito attorno all’esperienza di “uniti contro la crisi” e che aveva provato, dopo un anno di lotte operaie, studentesche, dopo la vittoria referendaria e i rivoluzionamenti politico amministrativi di Napoli, Cagliari e Milano, ad aprire una nuova fase con “uniti per l’alternativa”, ha aperto una discussione profonda. Non vi sono sintesi compiute, ma qualcosa a nostro avviso è già senso comune. Cerchiamo qui di ripercorrere i punti che emergono sperando che possano essere di una qualche utilità a tutti.

La manifestazione del 15 ottobre 2011 ha chiuso, e non aperto o radicalizzato, lo spazio politico e sociale aperto dal 16 ottobre dell’anno prima con la grande manifestazione della Fiom, e attraversato in maniera straordinaria dal movimento degli studenti. Al di là di tante dotte analisi su quei fatti, sommessamente suggeriamo di guardare la realtà: oggi è molto più difficile pensare di mettere insieme tanti e diversi attorno ad un’idea comune e a pratiche di conflitto adeguate ed efficaci, e il risultato sono le evidenti difficoltà dei movimenti e non certamente quelle dei potenti.

Se questo è il dato di movimento, siamo tutti chiamati a fare i conti con una nuova fase politica della crisi. Il governo Monti e la crisi dell’euro, che si sovrappone all’attacco speculativo sui debiti sovrani, segnano l’avvio di un cambiamento dall’alto. Le decisioni assunte a livello europeo e dal governo Monti non sono necessitate, ma viceversa, rappresentano una scelta politica precisa: quello della recessione con costi sociali e democratici inaccettabili. Il laboratorio Italia, su cui ragionavamo durante il ventennio berlusconiano, è diventato anche il laboratorio Europa. Il quadro politico esistente prima di Monti, con le sue contraddizioni e le sue opportunità per l’alternativa, non sarà più lo stesso. Dopo il passaggio di fase segnato dal 15 ottobre e dalla rivoluzione dall’alto del “governo tecnico”, è sempre più evidente la necessità di costruire un’alternativa sociale e politica. La democrazia, sia come forma politica, ed istituzionale conosciuta, sia come orizzonte delle società aperte, inclusive egualitarie e giuste, è in gioco.

La democrazia, il lavoro, il reddito e i beni comuni, sono quattro paradigmi fondamentali attorno a cui ruota lo scontro tra conservazione neoliberista e alternativa politica e sociale. Sono la declinazione, e non il semplice contenuto, della democrazia che è in gioco. Le battaglie che vi si creano attorno possono avere carattere costituente di una nuova società.

Uniti per l’alternativa, per affrontare la nuova fase, deve diventare una cornice, un manifesto politico più che affermare già uno spazio pubblico e politico, e quindi anche se in forma alternativa, di rappresentanza. Invece di partecipare al giochino delle identità e dei posizionamenti politici interni al movimento, tipico delle situazioni nelle quali il movimento reale non c’è, noi dobbiamo scegliere di costruire nuovi linguaggi, nuove pratiche di lotta, di con-vincere e farci con-vincere da altri.

In questo senso bisogna rimettersi in cammino. Alcune delle nostre tappe sono già tracciate: il prossimo 28 gennaio con De Magistris per la rete dei comuni per i beni comuni a Napoli. L’11 febbraio con la Fiom a Roma, ad una manifestazione nazionale per la democrazia, per la difesa del Contratto nazionale, per l’estensione dei diritti e delle tutele a partire dall’articolo 18, per il superamento della precarietà e per il reddito di cittadinanza. In Europa, la “rotta” è quella tracciata dall’importante appuntamento fiorentino dello scorso 3 dicembre, attraverso la costruzione di una Carta dei beni comuni e per la costruzione di una coalizione sociale che imponga il processo di Audit sul debito. Si tratta anche in questo modo di dare forza alle vertenze soggettive del non pagamento del debito sociale nelle scuole, università, nel mondo della cultura, per contribuire alla ripresa delle lotte sui terreni della formazione e della conoscenza. Sui territori per attuare ciò che i referendum hanno sancito contro le privatizzazioni dei servizi, dei beni comuni e dell’energia. Uniti per l’alternativa non può che essere, per tutti noi che abbiamo a cuore una cosa sola, cioè rovesciare la crisi per cambiare il mondo, un orizzonte, un punto di riferimento, una mappa su cui tracciare un nuovo sentiero comune. Il problema della ricomposizione sociale e politica di queste e tantissime altre battaglie, si porrà nuovamente. Ci sembra interessante ciò che sta avvenendo nelle Marche, dove si è costituita a livello regionale un’Assemblea permanente dei movimenti che mette insieme, in un comune politico, dai delegati Fiom agli studenti, dai comitati dell’acqua ai centri sociali. Forse è proprio a partire dai livelli territoriali che sul concetto di unità come ricomposizione, avremo gli esempi migliori.

di Gianni Rinaldini e Luca Casarini

Pubblicata ne Il Manifesto del 22 dicembre