gc-300x201L’autogoverno della terra

30 ottobre 2013

Una rete di piccoli contadini, “genuini e clandestini”, si battono contro lo sfruttamento e la devastazione delle terre private o pubbliche che siano, in difesa delle comunità locali insieme a coloro che difendono l’autodeterminazione alimentare. E propongono una campagna nazionale.
di Eliana Caramelli

La rete di Genuino clandestino, comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare, si è data appuntamento a Firenze dal 31 ottobre al 3 novembre. Il tema di questo secondo incontro nazionale, dopo quello di aprile in Val di Susa, sarà incentrato principalmente sul tema dell’opposizione alla vendita dei terreni pubblici e il loro recupero attraverso un’agricoltura contadina, familiare e di piccola scala, biologica e organica, fortemente in relazione con le persone che abitano i luoghi.

In linea con quanto sta avvenendo nei paesi del Sud del mondo, nei quali i terreni agricoli sono ormai diventati uno dei beni più “appetibili” dai mercati finanziari internazionali, anche in Italia si sta assisten a processi di “land grabbing”, ovvero di accaparramento delle terre (vedi gliArraffaterre). Così, attraverso la cessione alla speculazione di una risorsa vitale quanto l’acqua per il nostro sostentamento, l’interesse privato finisce ancora una volta con l’essere messo al di sopra del bene comune. E a rischio, in Italia come altrove, è la sovranità alimentare delle comunità locali.

Ma c’è chi non ci sta.

Genuino clandestino aveva già lanciato la campagna Terra Bene Comune nel 2009, quando era uscito il decreto “Salva Italia”, approvato dal governo Monti e riconfermato da tutti i successivi, che prevede all’articolo 66 la vendita dei terreni agricoli demaniali, stimati in 338.000 ettari ettari.

La campagna ha ripreso vigore quest’estate, soprattutto dopo le dichiarazioni della ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali Nunzia De Girolamo, sulla volontà del governo di affidare alla Cassa Depositi e Prestiti la valutazione economica delle terre e la loro messa “in valorizzazione” (leggi (s)vendita), per contribuire al risanamento del debito pubblico. Una goccia di 6 miliardi di euro, in un mare di oltre 1900 miliardi. E’ evidente che gli interessi in gioco sono ben altri.

Così è stato stilato un nuovo manifesto che dice no alla vendita delle terre pubbliche, compresi i terreni demaniali e quelli agricoli soggetti ad uso civico; all’espansione del modello di produzione agroindustriale e l’utilizzo di sementi Ogm; all’ulteriore consumo di suolo tramite cementificazione, grandi opere, infrastrutture, speculazione edilizia; al cambio di destinazione d’uso dei terreni agricoli e alla trasformazione di fatto della destinazione agro-silvo-pastorale degli usi civici.

Allo stesso tempo il manifesto rivendica la gestione delle terre pubbliche da parte delle comunità locali, secondo forme decise a livello territoriale e in modo autonomo, lontano da logiche privatistiche e di concentrazione nelle mani di pochi; chiede la messa a disposizione di terreni e beni agricoli pubblici per “progetti di neo-ruralità”, attraverso rapporti agevolati e di lunga durata, il sostegno privilegiato a progetti di agricoltura comunitaria, sociale, organica e di sussistenza, e il riconoscimento del diritto di abitare la terra; sostiene l’agricoltura contadina che salvaguarda il patrimonio agro alimentare, presidia e tutela il territorio, produce cibo sano rispettando l’ambiente e gli equilibri sociali; persegue il mantenimento della vocazione agricola alimentare della terra, per assicurare a tutti un cibo sano e culturalmente adeguato, garantire l’accesso alla terra ai contadini, permettere l’autodeterminazione locale delle produzioni e al contempo rafforzare le economie locali; propone la costruzione di un’alleanza fra movimenti urbani, movimenti rurali e singoli cittadini, che sappia riconnettere città e campagna e sostenere le comunità locali in lotta contro la distruzione del loro ambiente di vita.

Viene strano pensare che l’opposizione nasca da chi una terra da coltivare ce l’ha già. Mentre i cittadini, mediamente ormai abituati ad acquistare le verdure nei banchi dei supermercati, hanno perso del tutto il legame con la terra. Eppure gli aderenti al movimento di Genuino clandestino sembrano determinati ad andare avanti e a trovare nuove condivisioni e alleanze.

La difesa delle terre agricole incontra infatti tantissimi nessi e connessioni: con il movimento per l’acqua pubblica; con chi si batte contro le infrastrutture e le grandi opere, gli inceneritori, gli impianti a biomassa; con chi sta lavorando per la ripubblicizzazione della Cassa Depositi e Prestiti e l’audit del debito; con i movimenti in difesa del paesaggio; con le reti di economia solidale e i Gas; con chi sta ragionando del rapporto tra proprietà e beni comuni; ma anche con i movimenti anti-crisi e per un’altra idea di lavoro: l’agricoltura nel mondo fornisce infatti una delle masse più grandi di lavoro e anche in Italia è l’unico settore che ha retto ai colpi della crisi. Senza contare il numero anche questo crescente di persone, soprattutto giovani, che vorrebbero tornare ad essere contadini, ma alle quali è negato l’accesso alla terra.

Contrastare la vendita dei terreni agricoli pubblici e avviare azioni per riappropiarsi di quelli abbandonati significa quindi dare una possibile risposta a un sistema economico in totale crisi sistemica, tenendo conto della tutela dell’ambiente e della salute, offrendo opportunità di un reddito e di un lavoro dignitosi, ricreando relazioni con il territorio.

Dopo il successo della settimana di lotta, iniziata il 12 ottobre (a cui molti degli aderenti a Genuino clandestino hanno dato il loro contributo in vari luoghi), proseguita il 15 ottobre con l’iniziativa davanti a Cassa Depositi e prestiti, per arrivare alle due belle giornate del 18 e 19 ottobre, anche l’appuntamento fiorentino è un’importante tappa verso la difesa del territorio e dei beni comuni. Qui saranno protagonisti soprattutto i contadini, ma è aperto a tutt*. Anche grazie agli appuntamenti dell’Amiata, di Pisa (Common properties) e di Parma sono già numerosi gli intrecci e le collaborazioni avviate con altri pezzi del movimento.

Il programma di Firenze (qui l’evento su facebook) si annuncia quindi ricco e variegato: dall’apertura venerdì con una manifestazione in campo all’azienda agricola di Mondeggi-Lappeggi, azienda di oltre cento ha di ulivi e viti a pochi chilometri dalla città, oggi semi-abbandonata, di proprietà della Provincia di Firenze che ha intenzione di venderla al miglior offerente. Alle assemblee e gruppi di lavoro tematici di sabato 2 novembre, ospiti al centro sociale nEXt Emerson, ex fabbrica ora occupata e autogestita. Per finire domenica con il mercato contadino assieme alla Fierucola delle Lane in Piazza Santissima Annunziata a Firenze, dove saranno i prodotti “genuini e clandestini” a parlare (e farsi assaggiare!) da soli.