12066056_1001395109899126_2013348218581447762_n_(1)Quando il cammino non si puo’ fermare

Riflessione sulle ultime elezioni tenutesi il 1 novembre 2015 in Turchia, che nonostante l’inaspettato risultato delinea una situazione di non rassegnazione generale

2 / 11 / 2015

 

İl primo, inconfutabile, dato che quest’ultima tornata elettorale ci consegna e’ una dilagante e innaspettata vittoria tout-court dell’AKP e di Erdogan in persona. Il 49.4% dei voti e’ molto simile ad un plebiscito, tenendo conto delle premesse e del clima in cui si sono svolte queste elezioni ma, allo stesso tempo, ci confermano come la Turchia sia un paese che non e’ ancora pronto a cambiare forse per paura o forse per poca maturita’ del resto dell’elettorato.

Nei prossimi quattro anni, forte di questo risultato, Erdogan imporra’ il suo volere in maniera ancora piu’ risoluta e con ancora piu’ fermezza. Ha scommesso su questo voto, ha varcato innumerevoli linee rosse e, infine, ha vinto in maniera schiacciante. Erdogan e Davutoglu, insieme a tutto l’AKP, hanno la meta’ dei voti sulle loro spalle cosi’ da poter argomentare e dare seguito alle repressive e sanguinarie azioni, potendole inoltre legittimare: altro fattore in prospettiva allarmante, se non addirittura preoccupante, e’ la carta bianca che il popolo turco concede ad Erdogan per portare la Turchia verso l’autocrazia attraverso una pericolosa riforma costituzionale. Il risultato e’ stato totalmente innaspettato, forse addirittura shockante.

Ma come si puo’ spiegare una tale vittoria? Sicuramente con l’investimento dell’AKP e della sua leadership nell’ergersi e autodipingersi come l’unica forza politica in grado di ingaggiare una lotta contro quello che molti in Turchia, e non solo, ritengono un nemico, ovvero il PKK.

Inoltre Erdogan ha saputo sapientemente e furbescamente giocare sul filo delle divisioni tra i tre principali partiti di opposizione: CHP, di tradizione secolarista ed erede del Kemalismo, che ha preso il 25.4%; MHP, diretta espressione dei nazionalisti turchi e dell’ultra-destra, che nonostante abbia perso 4 punti percentuali rispetto a giugno guadagna comunque l’11.9%; HDP, formazione composita della sinistra e di ispirazione filo-curda, si e’ fermato invece al 10.7%.

Un altro drammatico elemento di queste elezioni e’ il numero di voti persi dall’HDP rispetto alle scorse elezıoni del 7 giugno. Un primo dato da considerare sicuramente e’ il fatto che gli attentati hanno realmente intimidito la popolazione, e il clima di guerra aperta che si respira in tutto il Kurdistan ha segnato un calo di consensi verso l’HDP. Questo fatto ci segnala una debolezza strutturale e organizzativa di questa giovane formazione, probabilmente non ancora matura per sfidare la rodata macchina elettorale di Erdogan e dell’AKP e dei suoi milioni investiti nella campagna elettorale. Inoltre e’ utile segnalare come l’HDP, per un’evidente strategia politica, non possa sopperire a questa mancanza. Ma va anche detto, come riportato da diversi osservatori internazionali su tutto il territorio turco, che sono stati frequenti i brogli documentati e che anche questo ha contribuito al drastico calo di voti per l’HDP.

Possiamo collettivamente anche denunciare i brogli e le scorrettezze che sono avvenute nei seggi, ma l’ormai intoccabile autorita’ di Erdogan e’ un dato di fatto. Il controllo governativo pressoche’ totale sui mezzi di informazione e sulla stampa non ha permesso la denuncia e la diffusione di notizie che altrimenti avrebbero potuto condizionare il voto.

Emergera’ cosi’ in Turchia un’autocrazia in stile centro-asiatico dove diritti e liberta’ saranno sempre piu’ erosi e dove stampa e potere giudiziario saranno subordinati al potere politico.

Quei focolai e le manifestazioni di dissenso che si sono verifıcate a ridosso del voto non possono pero’ essere relegate a mere esplosioni di rabbia, bensi’ dovrebbero far riflettere sulla situazione di incertezza e instabilita’ che si respira da queste parti.

Possiamo certo parlare di desolazione rispetto a questi ultimi risultati, possiamo affermare che ci si sia fermati magari a riflettere, ma non e’ certo rassegnazione quella che si legge negli occhi di tutti coloro che vivono questa realta’.

da globalproject