Quasi settecento persone hanno partecipato sabato 13 aprile al Teatro Valle occupato, nel pieno centro di Roma, all’assemblea “punto zero” del percorso che si è definito come “costituente dei beni comuni”.
Nelle intenzioni dei promotori, gli stessi occupanti del Valle insieme alla rete informale che ha connesso negli ultimi due anni i teatri e gli spazi occupati “culturali” su scala nazionale (da Macao di Milano a SaLE docks di Venezia, dal Garibaldi di Palermo al Pinelli di Messina, passando per Catania, Pisa, Napoli e tanti altri luoghi), si tratta di sperimentare una inedita alleanza tra studiosi/giuristi e le lotte che tutti i giorni praticano forme nuove di autogoverno. L’obiettivo è aprire un nuovo spazio d’azione che parta dal riconoscimento anche giuridico dei beni comuni e cerchi d’interpretare alcune tra le domande di cambiamento radicale del sistema.
In sostanza, a partire da spazi, lotte, soggettività che costruiscono quotidianamente conflitto, intelligenza politica e partecipazione, con la giornata di ieri si sono riaperti i lavori di una “commissione di studio” collettiva, che prendono le mosse dai risultati della Commissione ministeriale per la Riforma del Libro III “Della Proprietà” del Codice Civile (la cosiddetta Commissione Rodotà). Nel 2007 fu istituita infatti dal governo Prodi una commissione di giuristi, presieduta dal professor Stefano Rodotà per studiare e proporre una rielaborazione del diritto civile in particolare le parti relative al diritto di proprietà. La commissione produsse un disegno di legge, presentato allora in Senato, che non è mai stato discusso.
Proprio a Stefano Rodotà, che sabato ha introdotto con un suo intervento l’assemblea al Valle, abbiamo chiesto di spiegare le origini di questa iniziativa: (vd. il primo video allegato).
Una proposta che viene a collocarsi in un contesto sociale e politico nuovo, quale è sempre secondo Rodotà (vd. il secondo video in allegato).
I promotori della “costituente dei beni comuni” immaginano di sviluppare il lavoro collettivo su due piani. Il primo, a partire dalle innovazioni sperimentate nelle lotte, per indagare “quali strumenti giuridici siano da potenziare o da creare: una produzione giuridico-normativa sui beni comuni che la Commissione – composta da giuristi e studiosi di alto profilo – possa ascoltare e tradurre in articolati e proposte legislative”. Il secondo, la produzione collettiva di una “scrittura politica – multitestuale, partecipata, emendabile e aperta – per potenziare lo spazio pubblico di discorso e di azione nell’orizzonte condiviso dei beni comuni.” Un processo generativo capace di mettere in comunicazione e allargare lotte diverse e costruire immaginario.
Fra il 1991 e oggi, al fine dichiarato di ridurre il debito pubblico, l’Italia ha dismesso beni per un valore aggregato di 1.400 miliardi di euro. Questa imponente svendita di beni pubblici è avvenuta al di fuori di qualsiasi principio giuridico ordinatore, in una condizione normativa obsoleta e del tutto inadeguata. Un enorme processo di privata appropriazione di una ricchezza, materiale e immateriale, generata dal comune produrre, dalla cooperazione sociale dei molti, trasferita così in misura sempre più concentrata e ineguale nelle mani di pochi, in particolare di oligarchie finanziarie nazionali e globali.
Da allora però la vittoria dei referendum sull’acqua, le lotte sul territorio (dal No Tav al No Dal Molin, dal No Muos, No Ponte al No grandi navi) e le nuove occupazioni di spazi abitativi, sociali e culturali in tutto il paese, hanno contribuito a ricreare e ridefinire il significato storico di “beni comuni”.
Si è profilata in questo campo aperto dai conflitti l’inedita alleanza fra cultura giuridica radicale e le lotte legate ai beni comuni. All’assemblea hanno preso parte anche Maria Rosaria Marella, Papi Bronzini, Paolo Maddalena, Gaetano Azzariti. Ne abbiamo chiesto il significato a Ugo Mattei (vd il terzo video in allegato).
E sempre con Mattei, abbiamo problematizzato il rischio di uno spostamento tutto sul terreno giuridico-formale del conflitto intorno alla produzione, pratica e difesa di ciò che è “comune”: (vd il quarto video in allegato).
Per i promotori dell’assemblea “punto zero” al Valle occupato, le forme di autodeterminazione e di autogoverno che si stanno manifestando nei vari territori, dalla rete dei teatri occupati a tutti i comitati, i collettivi, i movimenti e i soggetti che resistono per la difesa dei territori, dell’ambiente, del paesaggio, della salute, dei beni culturali e storici, di istituzioni del welfare indispensabili al libero e pieno sviluppo delle persone possono “stressare con forza il diritto, spostare l’asse dall’illegale al legittimo per affermare modelli economici e sociali nuovi e istituzioni autonome del comune. Attraverso le nostre pratiche vive, immagineremo modi di avere cura dei beni comuni che si trasformino in nuove forme di Statuti in cui le “comunità di lavoratori o utenti” siano finalmente protagoniste dei processi decisionali. La nostra lotta politica vuole farsi pratica costituente per invertire la rotta rispetto alle contro-riforme neoliberali e promuovere un’altra idea di cittadinanza, non solo formale.”
I temi di lavoro di questo percorso spazieranno perciò dalla “definizione normativa e approvazione di una nuova disciplina del diritto di proprietà, già in parte elaborata dalla Commissione Rodotà” alla questione del “reddito minimo di cittadinanza”, a partire dalle proposte elaborate e sperimentate dalle realtà di movimento, e dalla proposta di legge di iniziativa popolare su cui sono state raccolte le firme; dalla rivendicazione di una “nuova disciplina delle proposte di legge di iniziativa popolare che renda obbligatoria la discussione alle Camere e la possibilità per i promotori di seguire attivamente i lavori”, al tema dei “diritti di cittadinanza digitale” con la proposta di inserire nell’art. 21 della Costituzione l’accesso a Internet come diritto fondamentale della persona.
Il processo dei lavori sarà completamente aperto, in forma assembleare e pubblica e si configurerà con una modalità itinerante, ospitato di volta in volta da realtà attive nei diversi territori. Per questo l’assemblea ha già deciso le prossime tappe: nelle prossime settimane in Sicilia e a Pisa, e – tra metà giugno e luglio – in Veneto negli spazi di Sherwood Festival, all’indomani delle grandi mobilitazioni al Dal Molin di Vicenza (4 maggio) e contro grandi navi e grandi opere a Venezia (8 e 9 giugno), con la partecipazione di tutte le realtà in lotta per i beni comuni, come ci spiega Marco Baravalle di S.a.L.E. docks (Venezia): (vd. il quinto video in allegato).
Rodotà 1
Rodotà 2
Mattei 1
Mattei 2
Sale Docks