Invito a un incontro tra realtà di movimento, promosso da Sherwood Festival per domenica 7 luglio 2013
7 / 7 / 2013
L’anno, che ci lasciamo alle spalle, è stato ricco di eventi e di esperienze, che ci hanno e che abbiamo attraversato. La sua conclusione è illuminata dal risveglio sociale dei paesi del BRICS, dalle insorgenze che hanno portato nelle piazze della Turchia prima e del Brasile poi milioni di donne e uomini, giovani soprattutto, a ribellarsi contro l’ordine costituito, a porre con forza le questioni della difesa dei beni comuni, della conquista di spazi nuovi di libertà e democrazia, della giustizia sociale, attraverso la ridistribuzione della ricchezza prodotta, in mercati caratterizzati dallo sviluppo tumultuoso degli ultimi anni.
E’ la conferma del fatto che siamo vivendo un’epoca di rivoluzioni, sia sul versante delle metamorfosi che investono le forme del dominio del capitale e del suo comando politico, sia sul versante dei cambiamenti che si producono e che potrebbero prodursi “dal basso”. E’ la conferma che, se la crisi è generale e globale, nondimeno i suoi effetti sono profondamente differenziati nelle diverse aree regionali del pianeta. E che, se niente sarà più come prima, è a un enorme processo di ristrutturazione capitalistica che stiamo assistendo, tale da comportare una ridefinizione dei rapporti di forza tra le classi così come un riassetto dei poteri su scala mondiale.
E’ perciò un’epoca che crediamo debba essere, fino in fondo, vissuta con la passione militante per la conoscenza e la comprensione di quanto sta succedendo e con il desiderio di essere attivi protagonisti nella trasformazione radicale della realtà esistente. Ci abbiamo provato e ci proviamo quotidianamente, cercando di coniugare un approccio realistico alla continua, materialistica reinterpretazione di ciò che accade, e uno sforzo permanente nella forzatura soggettiva dell’orizzonte.
In quest’ultimo anno ciò ha significato l’internità alle mobilitazioni degli studenti medi che, per la prima volta da diverso tempo a questa parte, hanno mostrato una rinnovata disponibilità generazionale al conflitto per il cambiamento. E l’impegno alla costruzione di una giornata potentemente allusiva, come è stata quella del 14 novembre scorso per diffusione, capillarità e radicalità, nella prospettiva dello sciopero sociale, generalizzato e su scala continentale.
Ma anche la capacità di osservare e leggere, con lo spirito di chi era ed è estraneo al terreno della rappresentanza politico-istituzionale in crisi e, al tempo stesso, interessato a comprendere tendenze e modificazioni in atto nella governance, la lunga e interminabile campagna elettorale, e le conseguenti convulsioni partitiche che hanno segnato lo spazio nazionale italiano negli ultimi sei mesi. Per certi versi una vera e propria saturazione della sfera pubblica e mediatica, che ha pure contribuito a una sorta di sospensione delle dinamiche sociali nel nostro Paese.
Certo è infatti che, dall’autunno in poi, mentre si sono riprodotti e diffusi una pluralità di conflitti territoriali puntuali e significativi (dalle differenti battaglie sul concatenamento ambiente/salute/grandi opere/beni comuni, alle nuove occupazioni di spazi sociali, fino alla straordinaria esperienza di lotta operaia autorganizzata nel cruciale settore della logistica), sono mancati cicli di scontro sociale largo e diffuso che comportassero quella radicalità e quella tensione ricompositiva che sarebbero, oggi più che mai, necessari ad aggredire l’attuale gestione capitalistica della crisi, nella infinita riproposizione a spirale del micidiale mix tra politiche dell’austerity, demolizione del pubblico e appropriazione privatistica del comune, arricchimento smisurato delle oligarchie e declinante conservazione dell’esistente, che sembra ormai caratterizzare il contesto dell’Unione Europea.
Un contesto che abbiamo provato ad affrontare, convinti dell’urgenza di rielaborare le nostre stesse categorie analitiche, a partire dalla costruzione di quelle coalizioni soggettive che ci hanno portato al Forum sociale mondiale di Tunisi, così come a partecipare attivamente alle giornate di Blockupy a Francoforte, nel tentativo di definire a partire dal conflitto in termini innovativi lo spazio europeo-e-mediterraneo, quale scala minima di azione politica.
E’ appunto da queste prime acquisizioni che proponiamo a tutte/tutti le/gli interessate/i una discussione, libera in quanto non ipotecata da immediate ipotesi organizzative, intorno a tre nodi:
– innanzitutto, quello che riguarda il nesso tra le lotte per i beni comuni (per noi la conquista di una più avanzata pratica del comune), il dibattito che si è aperto sulle riforme istituzionali e le modifiche da apportare alla Carta costituzionale (che rende evidente la tendenza a una cristallizzazione decisionistica e autoritaria degli attuali rapporti di forza sociali, in un rafforzamento delle funzioni esecutive dei poteri statuali) e la proposta della “costituente per i beni comuni”, articolata nell’inedita relazione tra il circuito critico dei giuristi e un insieme di eterogenee esperienze sociali;
– in secondo luogo, quello che investe il nesso tra la rivendicazione del reddito di cittadinanza (a partire dalla sua maturità nel vivo delle presenti contraddizioni sociali, tra precarietà diffusa, politiche di austerity e demolizione del vecchio modello di welfare, una volta che si diano per superate le controversie accademiche sulla sua definizione e passata la sbornia fideistica in una sua concessione per via parlamentare, dopo la “rivoluzione delle urne” del M5S e il repentino sgonfiarsi del fenomeno), crisi irreversibile delle rappresentanze politiche e sindacali (tutte, anche quelle non concertative e “di base”, drammaticamente costrette a verificare nella realtà l’incapacità di presa strutturale delle proprie forme, d’organizzazione e di lotta, sul lavoro vivo nella crisi) e la conseguente urgenza di una ricerca pratica sulle forme nuove di “biosindacato”, nella sua intrinseca relazione con le dimensioni interamente socializzate e territorializzate della cooperazione produttiva e dello sfruttamento;
– infine, quello posto da una nuova ondata di occupazioni di spazi sociali, nelle metropoli così come nei piccoli centri, per una generazione che, dagli istituti superiori alle università, alle mille filiere dello sfruttamento del lavoro precario, si affaccia in sintonia con Gezi Park e San Paolo del Brasile sul terreno del conflitto, fino a configurare la necessità di una battaglia per il “diritto all’occupazione e all’autogestione” quale possibilità di esercitare praticamente una permanente rottura della gabbia della legalità imposta a difesa della miseria esistente.Si tratta, come ovvio, di prime indicazioni, tutte da sviluppare. E che possono trovare ulteriori momenti di confronto nella proposta di diversi appuntamenti, da condividere assieme, a partire dal mese di settembre, come il Festival “No Dal Molin” a Vicenza, il rilancio della campagna contro l’inceneritore di Parma e la lotta contro la finanziarizzazione dei beni comuni, il meeting di Agorà99 a Roma o la proposta di un incontro degli spazi sociali ancora da definire. E’ con questo spirito e questa tensione, aperta e militante, che vi aspettiamo a Padova, con inizio alle ore 14 presso lo Sherwood Festival (area Park Nord – stadio Euganeo – uscita autostrada A4 Padova Ovest).