Calais-FranciaMedioevo prossimo venturo. L’Europa si richiude

05 gennaio 2016

Filo spinato, reti di protezione, verifiche e frontiere bloccate, ecco l’Europa ‘fortezza’ nel 2016. Dopo Danimarca e Svezia anche l’Italia potrebbe blindare il confine con la Slovenia

di Giampaolo Martinotti

 

La Danimarca, seguendo l’esempio della Svezia, ha introdotto controlli d’identità ‘temporanei’ lungo il confine con la Germania che a settembre aveva adottato disposizioni analoghe alla frontiera con l’Austria. Il governo svedese poche ore prima, dopo aver notificato alla Ue la sospensione temporanea del trattato di Schengen, aveva infatti drasticamente rallentato il passaggio tra i due paesi scandinavi, collegati dal ponte di Oresund, reintroducendo dopo più di mezzo secolo la verifica della regolarità dei documenti di chi viaggia su treni, autobus e traghetti in arrivo.

Queste misure ‘politicamente corrette’, che presumibilmente servirebbero a controllare il flusso di profughi e richiedenti asilo, si aggiungono a quelle già messe in atto da Francia e Belgio, e sono parte integrante di una dinamica europea sconcertante. Non esiste al momento alcuna politica comunitaria d’accoglienza per affrontare in maniera lungimirante e duratura il fenomeno strutturale rappresentato dalle migrazioni. La militarizzazione dei confini e la criminalizzazione dei ‘sans papiers’ sono gli unici palliativi dati in pasto alla derelitta opinione pubblica europea dagli stessi registi di quelle immagini atroci che ormai ci lasciano quasi indifferenti: le reti e le manganellate di Melilla, il filo spinato di Orbán, i lacrimogeni di Kos, la segregazione di Calais, i blocchi di Ventimiglia, le prigioni a cielo aperto di Erdoğan e così via.

Le ragioni della chiusura da parte di un paese notoriamente accogliente come la Svezia dovrebbero farci riflettere attentamente sull’inadeguatezza di una Unione basata sul profitto di pochi e sugli interessi particolari, nazionali o privati che siano. Negli ultimi anni Stoccolma si è trovata da sola nel fronteggiare un’emergenza umanitaria che è figlia di quei flussi migratori prodotti direttamente dal neocolonialismo degli stessi paesi che l’hanno abbandonata. La retorica marziale dello ‘stato d’emergenza’ post 13 novembre, la propaganda islamofoba e la costante pressione mediatica per quanto riguarda la presunta ‘minaccia terroristica per l’Europa’ hanno fatto il resto.

La chiusura delle frontiere intracomunitarie va inserita all’interno dell’inesorabile processo di fallimento del trattato di Schengen. Peraltro, secondo gli esperti queste nuove misure securitarie potrebbero avere dei risvolti sociali molto dolorosi, con il plausibile aumento del traffico di esseri umani, che coinvolge maggiormente donne e bambini, all’interno dell’Ue. Il Trattato, che certo ammette la ‘reintroduzione dei controlli alle frontiere in casi eccezionali’, seppur rappresenti uno dei pilastri fondamentali dell’Ue viene messo in discussione senza remore al contrario di quei trattati che, come il Fiscal Compact per intenderci, hanno reso possibili le disastrose politiche d’austerità.

Per Martin Schäfer, portavoce del ministro degli esteri tedesco, “Schengen è in pericolo a causa del flusso di profughi”. Al contrario, Schengen si sta lentamente sgretolando come i nostri diritti, lo stato sociale e la dignità di milioni di persone, grazie all’isteria e all’incompetenza della politica europea. Mentre l’Italia si prepara a ripristinare i controlli alla frontiera con la Slovenia, le soluzioni che servirebbero per curare i veri mali dell’Europa sembrano davvero molto lontane. Abbiamo un assoluto bisogno di tetti, non di muri; di accoglienza, programmazione e mutualismo, non di paura e becero nazionalismo.

da http://popoffquotidiano.it/