SALVINI: XENOFOBIA PER I POVERACCI, LIBERISMO PER I RICCHI
di Francesco Maria Toscano10 novembre.
Mentre si recava al convegno promosso da Alberto Bagnai, Matteo Salvini ha pensato bene, per farsi pubblicità, di fare tappa a Bologna, così, tanto per fare un BLITZ in un campo rom. Sperava che entrando di nascosto da un ingresso secondario, nessuno ci avrebbe fatto caso. Gli è andata male….
La Lega Nord nasce in Italia sul finire degli anni ottanta sulla scia del crollo dei partiti tradizionali. Le forze politiche identitarie, oggettivo freno per l’espansione di una tecnocrazia ingorda e nichilista, andavano distrutte per aprire la strada alla successiva svendita dei beni di Stato preparata dal Venerabile Maestro Mario Draghi. Molti di voi ricorderanno il cappio portato in Aula da tale onorevole Orsenigo, simbolo di un furore giustizialista che pervadeva in profondità una società comunque grassa e opulenta.
Per una strana nemesi della Storia, la Lega bossiana finirà per morire impiccata da quello stesso cappio moralisteggiante che per anni con tanta spregiudicatezza i presunti celtici avevano impunemente brandito. A fianco ad una retorica anti Roma-ladrona, la Lega era poi cresciuta solleticando le ambizioni dei tanti federalisti all’amatriciana che vedevano nell’invadenza dello Stato la causa del declino italiano. Anni passati nelle stanze del potere in compagnia di dudù e Berlusconi? Molti. Risultati? Zero.
Anche perché, come ebbe il pudore di ammettere pubblicamente lo stesso Maroni qualche tempo fa, “i leghisti non hanno mai creduto in quello che dicevano, fomentando soltanto il popolino per carpirne con l’inganno il consenso elettorale” (clicca per leggere). Insomma, una banda di cialtroni in piena regola.
Finita la saga della famiglia Bossi, con annessi diamanti, trote e lauree finte, è cominciata quindi l’era di Matteo Salvini, giovane ruspante cresciuto all’ombra di tali maestri canticchiando canzoni da stadio buone per denunciare la presunta idiosincrasia intercorrente fra il sapone e i napoletani (clicca per leggere).
In quel tempo Salvini, quando ancora l’ordine era quello di ottenere la fiducia degli abitanti della Val Brembana spiegando loro le malefatte di tutti quelli che abitavano a sud di Pizzighettone, premeva affinché i discendenti di Ario cacciassero tutti gli impuri dalla zona euro, eden dorato preparato dal Dio Odino a beneficio dei soli eletti (clicca per leggere).
Poi, all’improvviso, dopo un doloroso ripensamento programmatico durato più di quattro minuti, la Lega decide guarda caso di buttare a mare tutto il vecchio armamentario federalista, ampollista, pro-euro, anticasta e anti-meridionalista, per partire lancia in resta in difesa di una causa nazionalista e patriottica per anni schifiata e dileggiata.
Tutti possono cambiare idea, ci mancherebbe altro. Così come tutti hanno però il diritto di ipotizzare la strumentalità di una operazione tanto repentina e sospetta. Il Front National di Marine Le Pen, piaccia o no, è comunque un partito sviluppatosi in maniera coerente rispetto alle posizioni di partenza. Un partito che oppone legittimamente il desiderio di rinverdire i fasti di un nazionalismo ora rinvigorito dal fallimento di un modello globale economicistico e affamante. Un partito che vanta pensatori di riferimento di valore come Sapir o de Benoist, e coltiva stretti rapporti diplomatici con la Russia di un molto attivo Putin. Quali sono invece i modelli culturali cari alla Lega di Salvini? Difficile capirlo.
All’uopo è utile la lettura di una intervista a Salvini pubblicata oggi sul quotidiano Libero diretto da Belpietro [Mi prendo il centro centrodestra, pronto un nuovo soggetto politico, 4 nobvembre].
Dopo avere puntato il dito contro gli effetti di una immigrazione indiscriminata, il segretario del Carroccio dichiara: «…sì a drastico taglio delle tasse per ridare fiato alle imprese. Non a caso il 13 dicembre abbiamo in programma un evento con l’inventore della Flat Tax, l’economista Alvin Rabushka…».
Ecco, la proposta macroeconoma di Salvini comincia finalmente ad essere più chiara. Praticamente Salvini, abbracciando una impostazione chiaramente neoliberista, sta proponendo per tutti una aliquota secca e non progressiva, trattando nei fatti in maniera identica dal punto di vista fiscale tanto il singolo operaio quanto il grande industriale. Ma trattare allo stesso modo situazioni diverse non è sinonimo di giustizia. Per chi non lo sapesse poi, Alvin Rabushka è un discepolo del famigerato ultraliberista Milton Friedman, mostro sacro del pensiero economico moderno caro al cuore dei vari Giannino, Boldrin e Scacciavillani (clicca per leggere). Insomma, per farla breve, la nuova Lega di Salvini, al riparo di una propaganda anti-euro condotta grazie alla proficua lettura delle analisi puntuali e brillanti scritte del prof. Bagnai, si pone su un piano di violento anti-keynesismo.
Siete ancora del fatto che la dicotomia euro si/ euro no possa infine risultare appagante, completa e soddisfacente? Pensateci bene. La mia risposta è no.