Sulla violenza e l’arroganza.
Riflessione intorno alla vicenda del filmato shock del bambino portato via a forza.
Assistiamo con sgomento a ciò che è accaduto in una scuola elementare dell’Alta Padovana.
Un filmato – andato in onda in esclusiva all’interno della trasmissione “Chi l’ha visto?” – mostra un bambino di 10 anni trascinato a terra dalle Forze dell’ordine che eseguono un provvedimento del Tribunale dei Minori di entrata in una struttura protetta.
Credo che per analizzare questa vicenda siano necessario prima di tutto focalizzare l’attenzione sull’inaccettabilità di ciò che è accaduto: la modalità indegna con cui le Forze dell’ordine hanno portato a termine un provvedimento del Tribunale.
Partiamo da un dato, che credo chiunque lavori nel mondo del sociale non possa non riconoscere: non esistono allontanamenti “semplici” o “indolori”. Un allontanamento familiare rappresenta indubbiamente un trauma importante e non sottovalutabile nella vita di un bambino e, altresì, da parte del nucleo familiare a cui viene – temporaneamente o meno – sottratto.
Dato che è appena stato definito “traumatico” l’atto dell’allontanamento non si può che definire “barbaro” il modo in cui le Forze dell’Ordine hanno portato avanti questa operazione. Far uscire dall’aula un gruppo di bambini durante una lezione e trascinare un bambino arrabbiato, spaventato, che crede di essere di fronte ad un ingiustizia (era l’ennesimo tentativo mal gestito di portare il bambino all’interno di una struttura protetta) da parte di adulti – di cui non riconosce alcun tipo di autorità ma di cui conosce molto bene lo scopo finale – di portarlo via da una parte della sua famiglia e di trattarlo in quella maniera non solo è deprecabile, non solo non è professionale, non solo non è condivisibile, ma è una vera e propria violenza.
E bisogna avere il coraggio di dirlo.
Ma qual’è il vero interesse nella vicenda che ora impazza nelle prime pagine della stampa?
Quello di un minore che va protetto e tutelato o quello di eseguire, senza alcun tipo di competenza e raziocinio – ne tanto meno di semplice umanità – un provvedimento atto alla salvaguardia di un minore?
La risposta alla domanda dovrebbe essere: la tutela, la cura del soggetto più debole della vicenda: un bambino di 10 anni. Invece a prendere il sopravvento, ancora una volta, è stata la smania di portare a casa il risultato, senza curarsi minimamente del danno provocato a quel bambino ed a tutti gli altri bambini della scuola che hanno assistito, più o meno da vicino, a quell’atto di violenza in divisa.
Chi si assume ora – dopo le belle dichiarazioni di incredulità rispetto all’accaduto – la responsabilità di “far passare dalla testa” di quei bambini che un giorno puoi andare a scuola e puoi essere prelevato da dei giganti che ti portano via senza spiegarti perchè?
Chi toglierà loro quell’immagine dagli occhi?
Saranno forse le parole di Manganelli?
Quelle dei difensori della Polizia “sempre e comunque”?
O quelle della politica di turno che “promette battaglia in Parlamento”?
Le dichiarazioni dei Servizi Sociali parlano della decisione di portare avanti l’allontanamento in un contesto neutrale.
Ma come si può immaginare la scuola – luogo dove i bambini passano 8 ore della loro giornata, luogo di prima socialità e palestra di vita – come luogo neutrale? Come può essere neutrale un allontanamento portato avanti dalla Polizia con la presenza del padre che li aiuta a caricarlo in macchina in quel modo, come una bestia al macello, e con i parenti davanti alla scuola che urlano e si disperano?
Non esite neutralità in questo tipo di azioni, in questo tipo di dinamiche.
I bambini non sono neutrali.
Chi ridarà sicurezza a questi bambini?
Chi gli ridarà questo pezzetto di infanzia perduta, calpestata, sfregiata?
Perchè quell’atto, violentissimo, è stato ben riassunto dalla poliziotta che si vede alla fine del video mentre afferma, tronfia: “io sono l’ispettore di polizia e lei non è nessuno”.
Perchè è a questo che sottende l’azione portata avanti dalla Polizia con quelle modalità.
Noi “possiamo tutto”, voi non potete niente.
Sottomissione e violenza, di Stato.