A pochi giorni dalla manifestazione del 12 ottobre, abbiamo intervistato Maurizio Landini che è uno dei 5 promotori della giornata dedicata, come recita l’appello di convocazione “alla attuazione della Costituzione”. Ci interessava raccogliere l’opinione di Landini in merito alle ultime vicende “governative” italiane e al rapporto tra queste e l’asset politico istituzionale europeo.
D: Landini, Letta parla della fine di un ventennio riferendosi a ciò che è accaduto attorno alla riconferma del governo e della sconfitta di Berlusconi. Condivide?
Landini: A me non sembra che si possa definire in questi termini ciò che abbiamo visto. Certamente è un riassetto degli equilibri su cui poggia il governo delle larghe intese, e certamente Berlusconi come figura politica non è quello del ’93, ma da qui a dire che siamo in un’altra epoca ce ne vuole. La fine del ventennio, come l’ha definita Letta, dovrebbe essere caratterizzata da una discontinuità, da un cambiamento di indirizzo politico reale. Invece io credo che siamo in presenza di una sostanziale continuità e di obiettivi generali e specifici del governo che sono assolutamente quelli emersi dall’inizio della crisi, e radicati in un ventennio di neoliberismo berlusconiano. Per entrare nello specifico sui temi del lavoro, del welfare, della manomissione in senso peggiorativo e autoritario della Costituzione e della Giustizia, non mi pare che la strada sia cambiata. E non mi pare che sia mutata la subordinazione del governo italiano alle centrali politico-monetarie europee, dalla troika alla Bce. Mi sembra che il governo Letta abbia come caratteristica quella invece di riequilibrarsi internamente proprio per stare in continuità con quella che potremo definire “la linea europea” egemone, il che significa che non vi è traccia di cambio di rotta rispetto a ciò che abbiamo conosciuto finora.
D: Da cosa invece avresti misurato la fine di un’epoca?
Landini: ad esempio dalla messa in discussione dei trattati europei. Dalla critica alle politiche rigoriste a senso unico, e cioè contro chi lavora, introdotte a forza nelle costituzioni. Dalla messa in discussione dell’austerity verso nuove politiche di redistribuzione della ricchezza sociale prodotta. E invece è proprio l’accettazione comunque dell’assetto e delle politiche europee a tenere insieme PD e PDL nel governo. E’ preoccupante che ancora si pensi di uscire dalla crisi stando dentro vincoli europei che hanno prodotto aumento della precarietà ovunque. Non c’è nessuna svolta storica anche se la situazione gravissima sul piano della tenuta sociale lo imporrebbe. io non credo che la de-berlusconizzazione possa avvenire con una manovra in parlamento. E per finire se non mettono mano alla legge elettorale, è evidente che non vogliono grandi cambiamenti.
D: la Costituzione formale viene costantemente modificata, e non da oggi, per registrare ciò che la costituzione materiale ha già fatto diventare regola nei fatti. In che senso allora la battaglia contro la riforma costituzionale annunciata è “al futuro”, come dite nell’appello?
Landini: Noi insistiamo molto infatti non tanto sulla difesa, ma sull’attuazione della Costituzione per quanto riguarda in particolare la prima parte, cioè i principi, i valori, i diritti, il lavoro. Le fondamenta insomma di un’idea di società che è stata in larga parte tradita. Io credo che questo oggi possa essere il punto di ri-partenza per costruire un movimento, uno spazio pubblico civile e orientato a pensare oltre e diversamente da quello che c’è e sembra ineluttabile.
D: a proposito di costituzione materiale, la tragedia di Lampedusa è lì a dirci che anche i diritti umani, nonostante siano sbandierati da ogni governo democratico europeo, rischiano di essere un concetto alquanto astratto in mano a queste istituzioni…
Landini: Ti pare possibile che viviamo in un mondo, e in una Europa, dove i capitali finanziari, i soldi e le merci, circolano a più non posso, e gli unici che rischiano e perdono la vita nel tentativo di spostarsi sono gli esseri umani? Lampedusa ci parla di Europa, di quale mondo vogliamo. E’ per questo che alla manifestazione Lampedusa e ciò che porta con sè sarà al centro. Oltre al dolore e all’indignazione credo che essa debba significare cambio della legislazione italiana ed europea sui migranti, debba significare abrogazione della Bossi-Fini, diritto d’asilo vero, accoglienza vera. Di nuovo è il lavoro, in questo caso quello dei migranti, a fornire la motivazione cinica ed inaccettabile, per le politiche che hanno trasformato il Mediterraneo in un cimitero per donne, bambini e uomini. E’ per sfruttare e controllare quel lavoro che si causano e si giustificano le tragedie. Oggi le leggi sul lavoro in tutta europa puntano ad una differenziazione di trattamento tra lavoratori con la cittadinanza piena e quelli con cittadinanza parziale. Il mercato ne trae grandi vantaggi, i costi sociali e le implicazioni culturali e politiche sono invece devastanti.
D: il piano europeo della governance, e le caratteristiche di assoluta subalternità degli stati nazionali, trovano conferme ogni giorno che passa. Come si fa allora ad attuare la Costituzione se non si affronta il problema che l’Europa, quella da cui derivano le scelte, non ce l’ha nemmeno una Costituzione?
Landini: Io credo che il 12 ottobre debba essere l’inizio di un percorso che ci porta direttamente in Europa. La stessa vicenda di Lampedusa ci parla di Europa. Penso che a partire dalla Costituzione noi per forza dovremmo stare su questo piano del discorso. Lo spero perlomeno.