Venerdì 25 novembre, P.zza Duomo Schio – Ore 19.30
 
Scendiamo in piazza perché non siamo e non vogliamo essere vittime inermi, ma soggetti attivi e determinati a cambiare una società basata sulla violenza patriarcale.

25 novembre: scarpe rosse per le strade, liste di vittime, calciatori che giocano con un segno rosso sul viso, volti di partner picchiate.

Decine di immagini che ogni anno richiamano una violenza particolare, perpetrata da singoli “mostri” che stuprano e uccidono donne inermi e bisognose di protezione.

Questa è una narrazione superficiale: la verità è che la violenza maschile sulle donne ha un carattere strutturale ed è frutto di una visione patriarcale profondamente radicata nella nostra società.

La violenza verbale fa da anticamera ai fenomeni di abuso fisico, e contribuisce in maniera significativa a creare una percezione distorta della donna. Il linguaggio sessista è sintomo di una società che vede i corpi come oggetti, di cui l’uomo può disporre a proprio piacimento. Siamo considerate alla stregua di bestie, che vengono macellate ogni giorno.

Violenza sono i continui attacchi al diritto all’aborto: la legge 194 è stata un primo passo verso l’aborto libero, sicuro e gratuito, ma in tanti punti è limitata. Il diritto tutelato sulla carta non è sufficiente se nella pratica non è attuabile a causa dei troppi obiettori o delle azioni di forze conservatrici -prime tra tutti la premier Giorgia Meloni o Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, le pari opportunità e la natalità- che, dicendo di voler ampliare il diritto alla vita, riducono di fatto la nostra autodeterminazione.

Violenza è la condizione delle donne lungo le rotte migratorie. Donne che vivono una doppia discriminazione: di genere e razziale, che le costringe a posizioni marginali e di non completa libertà, e spesso a diventare oggetto di traffico e di sfruttamento sessuale lungo la tratta e nei paesi d’arrivo.

Violenza è la discriminazione sul piano economico: dal gender pay gap (le donne guadagnano in media il 15% in meno degli uomini), al tetto di cristallo, fino al fatto che il lavoro di cura sia affidato quasi esclusivamente alla donna -sovraccaricata del lavoro domestico e costretta ad accettare impieghi sottopagati tradizionalmente legati al ruolo di cura femminile.

Violenza è il pinkwashing: atteggiamento apparentemente solidale attuato da parte delle aziende e della politica nei confronti delle donne e dei temi di cui si fanno portavoce. Questo aspetto risulta particolarmente evidente nell’azione della Meloni, che strumentalizza il suo essere donna, fingendo di portare avanti istanze di emancipazione quando invece non fa nulla per scardinare i meccanismi di potere, ma al contrario vi si inserisce promuovendo la credenza che si può emergere solamente se si è/assomiglia ad un uomo.

La soluzione a questa violenza, proprio per il suo carattere strutturale, non può essere l’aumento di forze dell’ordine e delle politiche securitarie: saremo noi, con i nostri corpi, a rendere le strade sicure.
 
L’unica risposta contro gli abusi del patriarcato è un transfemminismo intersezionale, capace di riconoscere la connessione tra le lotte ed istanze di ogni minoranza e di agire in maniera radicale per sovvertire tutte le dinamiche di sfruttamento: dell’uomo sulla donna, del bianco sul soggetto razzializzato, del ricco sul povero e dell’uomo sull’ambiente.
 
Ed è con queste rivendicazioni che scendiamo in piazza il 25 novembre, contro la violenza di genere e contro ogni razzismo, fascismo e classismo strisciante.