Oggi un migliaio di persone sono scese in piazza a Schio in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere.

Dall’inizio dell’anno sono più di 100 i casi di femminicidi e transcidi registrati in Italia, per non parlare delle numerose aggressioni omolesbobitransfobiche e razziste: la diretta conseguenza di un sistema patriarcale, un sistema che insegna a tuttə che per emergere è giusto prevaricare, un sistema che rifiuta e marginalizza le soggettività queer, non binarie, le persone disabili, razzializzate, la comunità LGBTQIAPK+, un sistema che non permette alle donne di disporre del proprio corpo, che nega l’accesso ad un aborto sicuro, che criminalizza i migranti, che alimenta e normalizza la violenza.

Il corteo è iniziato in Piazza Rossi dove è stata riprodotta con degli scatoloni la Piramide della Violenza e dove si è dedicato un momento rumoroso a Giulia e alle parole di sua sorella.

La manifestazione ha proseguito verso piazza Statuto dove è stato affisso uno striscione con scritto Il femminicidio è omicidio di potere ed è continuata dirigendosi verso la Stazione dei Treni dove è stata realizzata una scritta Per Giulia e per tuttɜ. Gli interventi che si sono susseguiti hanno denunciato il fenomeno che ha portato alla morte di Giulia, un fenomeno che si rispecchia anche nella narrazione della violenza di genere, raccontata come un fatto ‘eccezionale’ messo in atto da mostri, presi da raptus inspiegabili, nascondendo così la realtà della sua dimensione sistemica e la naturalità con cui nella società patriarcale sia accettato che l’uomo sia abusante, prevaricante, violento.

Nel corso della manifestazione sono state intitolate le vie e le piazze attraversate dal corteo a donne che hanno lottato con strumenti e modalità diverse, donne di varie classi sociali, donne trans, donne razzializzate: questo per dare risalto e riconoscimento pubblico a persone che hanno dedicato la propria vita a costruire una società più giusta per tuttɜ, una società transfemminista, libera, sicura per tutte e tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, ma anche antirazzista e anticapitalista, una società che metta al centro l’interesse della collettività, la cura e l’educazione.

La piazza ha anche sottolineato la doppia discriminazione e violenza che subiscono nel loro percorso e nei campi le persone migranti: già in situazioni di forte vulnerabilità solo per il fatto di essere in movimento, la condizione di migrante si somma all’oppressione già vissuta dalle donne e dalle soggettività non binarie, in un sistema di oppressioni che si intersecano e rafforzano.

Arrivati in corrispondenza del negozio di Calzedonia il corteo ha quindi contestato la collaborazione tra la polizia di stato e l’azienda, che in maniera strumentale e secondo una logica di profitto si fanno portatori di messaggi ipocriti sulla scorta di ciò che è successo in questi giorni. Sono stati affissi cartelli sulla vetrina del negozio mentre gli interventi hanno ribadito che le strade sicure non le fanno la repressione, le divise, le telecamere, le misure punitive, rifiutando un sistema che fa della vittimizzazione e della paura uno strumento funzionale al mantenimento del proprio potere.

Il corteo ha inoltre sottolineato l’importanza di un’educazione alle differenze, all’affettività, alla sessualità e al consenso nelle scuole: unico strumento che permette di smantellare gli stereotipi di genere e le dinamiche di sopraffazione che stanno alla base della violenza.

Durante la manifestazione si sono susseguiti numerosi interventi, portando la riflessione sulla responsabilità maschile e sulla necessità delle persone socializzate come uomini di esporsi, esprimersi e riconoscere che non si tratta di casi isolati, ma di una cultura di cui tutti fanno parte.

La manifestazione si è conclusa in Piazza Rossi.

Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto.

Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.