Nonostante l’annullamento dell’open day da parte degli statunitensi, abbiamo deciso di confermare la nostra manifestazione. Lo abbiamo fatto per più ragioni: la prima è che sentiamo il bisogno di ritrovarci in piazza, in tante e tanti, per confermare ancora una volta la nostra determinazione: hanno concluso la costruzione della nuova base Usa e si aspettano che torniamo silenti nelle nostre case; per noi, le ragioni che ci hanno portato nelle strade sono più vive e vere che mai.
Lo abbiamo detto: prima ci opponevamo a un cantiere, volevamo impedirlo, bloccarlo; ce lo hanno imposto con l’illegalità e l’arroganza. Ora ci opponiamo a una base di guerra che, come un polipo, avvolge e strangola la nostra città, allungando i propri tentacoli di morte in ogni angolo del globo. Fino a quando ci saranno basi militari nella nostra terra noi saremo in piazza: non vogliamo essere complici di chi esporta una presunta democrazia con le armi e la violenza.
Un sistema militare, quello statunitense, che devasta la nostra terra e prosciuga le sue risorse, imponendoci un’economia militarizzata che toglie il futuro alla nostra città: non ci sono soltanto le enormi spese che i cittadini sostengono per la permanenza delle truppe nordamericane in Italia (il 41% dei costi è pagato dal contribuente italiano), ma anche i danni ambientali (la devastazione del sistema idrogeologico, per esempio) e sociali.
Ci sono, insomma, tante ragioni per essere ancora una volta in piazza. E noi ci rivolgiamo a quanti, in questi anni, hanno avuto il coraggio di alzare la testa, di scendere nelle piazze, di non ascoltare chi, da buon zerbino, decantava i vantaggi della militarizzazione della nostra città. Ci rivolgiamo a quanti hanno scelto la dignità al silenzio, la partecipazione alla delega. Questa terra è ancora la nostra terra, ed è ancora tempo di stare nelle strade e nelle piazze della nostra città: la nuova base Usa non va inaugurata, ma chiusa!