Ci sono vite che pesano come piume e vite che pesano come montagne!

Avevan pochi anni e vent’anni sembran pochi (poi ti volti a guardarli e non li trovi più).

Di loro rimangono i sorrisi, i momenti di gioia e di lotta, l’amore per la vita, l’impegno nella militanza politica per la costruzione di una società altra, più giusta, più equa, migliore.

Rimane, per chi li ha conosciuti, il rimpianto di non averli accanto in questa stagione difficile.

Rimane per tutti l’immagine dolorosa di chi muore giovane e giovane rimane per sempre.

Abbiamo deciso di ritrovarci oggi in questo luogo per ricordare Alberto, Angelo, Maria Antonietta e Lorenzo.

A quarant’anni dalla loro tragica morte crediamo sia importante ricordare quattro vite spezzate troppo presto.

Le vite di quattro persone che restano indelebili nei ricordi di chi le ha incontrate e che continuano a vivere nelle nuove generazioni.

Li vogliamo ricordare per come “li abbiamo conosciuti” perché siamo stanchi delle strumentalizzazioni e delle mistificazioni che le loro figure devono subire ancora oggi.

Vogliamo rompere il pensiero unico e malevolo, vogliamo restituire loro dignità e giustizia.

Sono passati 40 anni da quell’eccezionale periodo degli anni 70 carico di movimento e di organizzazione, capace di innalzare il sogno di liberazione di un’intera generazione.

Anni in cui il cuore e l’intelligenza delle persone si sono “buttati oltre l’ostacolo”, osando giorno dopo giorno un cammino su quella strada che aveva come meta la costruzione di una società libera ed equa.

Sulla stessa strada molti hanno praticato forme di organizzazione fatti di comportamenti e scelte quotidiane.

Scelte che implicavano una militanza costante. Scelte che hanno riempito le piazze di giovani che rivendicavano un futuro libero dall’alienazione del lavoro salariato, di donne che reclamavano il loro ruolo e la loro autodeterminazione, di lavoratori che esigevano salute e diritti in fabbrica, come anche di cittadini che si battevano per il diritto alla casa e a una vita migliore. Scelte che a vari livelli hanno determinato pratiche oltre il confine della legalità giuridica, con l’uso della forza a livello collettivo.

Nel nostro territorio quel periodo è stato segnato da molti episodi: le occupazioni delle case, le lotte per i trasporti, contro il carovita, per il salario e contro lo straordinario, sono solo alcuni esempi dei tanti momenti di scontro dove anche la forza era una risposta all’esasperazione della qualità della vita che quella generazione stava vivendo.

Sono stati anche gli anni in cui quattro compagni hanno perso la vita nel predisporre un’azione di forza contro la repressione di quel periodo, repressione che ha incarcerato centinaia di compagne e compagni che ogni giorno difendevano il diritto a una vita dignitosa.

Le loro figure e la loro intimità sono state più volte oggetto di scritti e denigrazione. La chiave di lettura è stata la forzata attribuzione della qualifica di terrorismo a tutto ciò che in quel periodo rappresentava un’organizzazione in antitesi con la concezione del modello di società imperante.

40 anni dopo ci troviamo a fare i conti con un nuovo ciclo di richieste dal basso che sembrano inascoltate e che pongono l’interrogativo sulla salvaguardia del mondo, che mirano a creare modelli e stili di vita che siano compatibili con la vita sul pianeta.

In quegli anni il concetto di organizzazione era legato a quello di strumento per la conquista del potere, oggi a quello di mezzo per costruire una società altra.

In quegli anni il concetto di contropotere si traduceva in autonomia del politico, oggi in azione diretta moltitudinaria e condivisa.

Oggi vogliamo condividere la gioia e l’amore con cui Alberto, Angelo, Maria Antonietta e Lorenzo hanno vissuto il loro ed il nostro sogno e vorremo concludere con le parole di Lorenzo Orsetti, partigiano in Rojava:

“Ricordate sempre che ‘ogni tempesta comincia con una singola goccia’. Cercate di essere voi quella goccia.”

I compagni e le compagne della provincia di Vicenza