Ovvero: dell’utilizzare il ciclo mestruale come arma di protesta
Di Valeria De Tomasi (collettivo Starfish)
Anno Domini 1983, l’ottavo emendamento della costituzione Irlandese sancisce l’illegalità dell’aborto, novembre 2015, l’ottavo emendamento della costituzione Irlandese sancisce l’illegalità dell’aborto. Ma quindi in Irlanda l’aborto è ancora illegale? Ma l’Irlanda quella che quest’anno ha approvato la legge sui matrimoni gay? Sì, sì, proprio quella! Nel paese della Guinness, dei prati verdi e dei supercattolici, infatti, l’interruzione di gravidanza è ancora penalizzata ed è concessa solo in caso di grave rischio per la salute della madre.
Ma le Irlandesi non ci stanno, vogliono il referendum, unica via legale per abrogare l’emendamento.
Così, dopo molti no da parte del governo, un’attrice comica ha pensato che, visto l’interesse del primo ministro Enda Kenny per gli apparati riproduttivi delle Irlandesi, sia dovere di queste ultime fargli avere ulteriori dettagli sull’argomento a lui tanto caro twittando sul suo profilo tutto ciò che concerne il loro ciclo mestruale.
Circa 50 mila donne hanno accolto l’appello condividendo interessanti e minuziosi dettagli sullo stato del loro utero con l’hashtag #repealthe8; nonostante il proliferare di post, per il momento il primo ministro sembra irremovibile sulla questione, ma il fronte si sta smuovendo e altri partiti stanno iniziando a promettere il tanto agognato referendum in vista delle prossime elezioni.
Al dì là del mare del Nord, le Inglesi non sono da meno, anche se il loro disappunto riguarda temi meno scottanti e meno ideologicamente complessi.
Le britanniche ce l’hanno per un solo, semplicissimo motivo: vogliono che gli assorbenti, le mooncup e simili non siano tassati come beni di lusso. Il ragionamento è talmente semplice che è quasi imbarazzante spiegarlo: non decidiamo noi di avere le mestruazioni, quindi non potete tassare gli assorbenti come se fosse una scelta nostra comprarli o meno.
Anche le inglesi hanno scelto di passare per i social network e, al grido di #tampontax, hanno iniziato a invadere più o meno tutte le piattaforme con foto, video, articoli e post di vario genere sull’argomento e una giovane ha addirittura deciso di andare fuori dal parlamento con i classici cartelli in pieno stile ’68 e i pantaloni imbrattati di macchie scarlatte (vere o finte? Non ci è dato sapere!).
Anche in questo caso l’operazione non si può ancora definire del tutto riuscita, ma ha portato l’attenzione sulla tassa ingiusta in molti paesi come l’Australia e la Francia, Francia dove le donne hanno deciso anche di scendere piazza, utilizzando gli espedienti più fantasiosi per dimostrare il loro disappunto per la gabella sessista.
In Italia, è stata avviata un petizione sul celebre sito di raccolta firme change.org, dal titolo “Le mestruazioni non si tassano: IVA al minimo sugli assorbenti” (nel caso vogliate sottoscrivere), dato che nel nostro paese l’aliquota IVA sugli assorbenti è al 22% per cento, quella sui fiori con cui si fanno i mazzi al 10%, che sia proprio vero che con un mazzo di fiori ci si può far perdonare tutto?