Grillo e il fascismo: tre analogie che contengono differenze
di Giuliano Santoro
Intruppati in una fila, si sa, gli italiani danno sempre il peggio. Vengono fuori gli istinti più bassi.
Erano in coda davanti al Viminale per registrare il loro simbolo, l’altra notte, i militanti del Movimento 5 Stelle capitanati dal loro Capo-Comico Beppe Grillo. Quando ecco che davanti alle telecamere dei “fascisti del terzo millennio” di CasaPound, anche loro da quelle parti per presentarsi alle elezioni, Grillo ha finalmente ammesso quanto sospettavamo da tempo: l’antifascismo, per l’attore genovese improvvisatosi leader politico, è roba vecchia. Le questioni “importanti” sono altre, ha detto in soldoni il socio di Casaleggio, tanto che uno di CasaPound potrebbe anche entrare nel suo “Movimento”. Non ci sarebbero problemi.
È un paragone pericoloso, da maneggiare con molta cura, quello tra grillismo e fascismo. Perché rischia di apparire ideologico e di essere semplificatorio, di costituire una scorciatoia che ci impedisce di comprendere le specificità della situazione contemporanea. Eppure, vista la storia di questo paese, è un accostamento inevitabile, che presenta delle analogie che al loro interno contengono differenze. Proviamo ad elencare alcune questioni, fermandoci su quelle più generali legate al metodo e alla costituzione materiale del grillismo ed omettendo in questa sede di segnare alcuni goal a porta vuota parlando di analogie che riguardano questioni di merito e di contenuti (in primis, le vergognose posizioni di Grillo su migranti e cittadinanza).
La prima riguarda la composizione sociale del grillismo. Quando ci accorgemmo che Beppe Grillo stava organizzando gerarchicamente – secondo gerarchie di vecchio e nuovo tipo, organizzative e mediatiche – la frustrazione di tanta gente ci si parò davanti la celebre immagine evocata da Walter Benjamin nelle sue “considerazioni sull’opera di Nikolaj Leskov”: gli uomini che tornano dalle trincee della Prima guerra mondiale e non hanno parole per raccontare l’orrore della guerra. Accadde che qualcuno riuscì a trovare le parole per ri-costruire la storia al posto loro e nacque il fascismo, il movimento che ebbe il compito di trasformare la rivoluzione in reazione, trasportare parole di ribellione dentro frame di conservazione.
Tornano dalle trincee della grande guerra che il capitale ha dichiarato al lavoro i soldati dell’esercito precario. E molti di loro si sono messi, disciplinati e ipnotizzati, in fila ad applaudire i comizi-spettacolo di Beppe Grillo. Sono abituati all’orrore dello sfruttamento flessibile e dell’impossibilità di progettare il futuro. Abituati a farsi maltrattare, tanto da trovarsi a loro agio nel grillismo proprio per il fatto che chi tira le fila e possiede il logo dei 5 Stelle (il famigerato “Staff”, termine che non a caso viene dall’universo aziendale) maltratta, mobbizza, espone al pubblico ludibrio, mette in concorrenza tra di loro i militanti.
La seconda analogia riguarda l’uso della tecnologia e dei media come strumento totalitario.Anche qui, ovviamente, ci sono delle differenze di contesto col fascismo tradizionale. Il web di Grillo&Casaleggio non è un’arena di confronto e conflitto, uno spazio striato dentro al quale far valere le proprie posizioni e conquistare consensi. È uno strumento usato in maniera verticale, per appiattire le differenze, uno spazio presentato come liscio e aconflittuale dentro al quale Grillo fa valere il proprio capitale di notorietà (acquisito in televisione) per imporre il proprio linguaggio (fatto sempre più di quelle “idee senza parole”, irrazionali e al fondo inspiegabili, che secondo Furio Jesi caratterizzano la cultura di destra) ed esercitare la sua autorità. Nel famoso fuorionda, l’epurando bolognese Giovanni Favia, disse tra le altre cose che dentro il Movimento 5 Stelle l’unico a poter parlare a milioni di persone è Grillo. Gli altri al massimo dispongono del loro profilo Facebook. Quindi o si adeguano o scompaiono dalla comunicazione pubblica. Una dichiarazione che fa il paio con il divieto ai comuni mortali di partecipare a trasmissioni televisive. Ecco dunque che, come nei sogni di ogni reazionario che si rispetti, la fantomatica “Rete” diventa lo strumento perfetto per trasformare i Molti in Uno, per ricondurre la moltitudine a popolo.
L’uso dei media (e della Rete) per costruire obbedienza rimanda alla terza analogia.L’aspirazione, più volte ribadita, dei grillini è quella di rappresentare “tutto il popolo italiano”. Non esistono parzialità, differenze di classe, conflitti. Il “popolo” è la massa omogenea e pacificata, unita in nome di chissà quale identità. “Noi siamo fuori da queste guerre ideologiche. Ecco la nostra forza, poter discutere con tutti i cittadini liberamente e senza pregiudizi. Qui non si tratta di fascismo o anti fascismo, si tratta di far pensare le persone e fargli capire che queste barriere sono morte e che se si vuole veramente cambiare le cose si devono abbandonare questi vecchi ideali che ci dividono e fatto ingrassare la casta, seguite bene il discorso di Beppe . La vostra è una vecchia contrapposizione tanto vecchia quanto inutile”. Sono parole scritte oggi su Facebook dal Movimento 5 Stelle di Fiano Romano. E il cerchio si chiude.