La demolizione del Welfare, l’ombelico di Grillo e le nuove sfide dei movimenti sociali
I primi hanno visto non garantite le cure e l’assistenza minima, (il caso dei tagli, per fortuna in parte rientrati ai malati di Sla, è stata solo la punta drammatica di questo iceberg), mentre i secondi, gli operatori, attraversano condizioni lavorative sempre più precarie, ricattabili, intermittenti, quando non sono semplicemente in esubero.
Il successo di Grillo affonda anche in questa drammatica rottura del patto sociale. L’attacco di Grillo alla politica ed ai sindacati parla anche di questo. Un esempio emblematico è la regione Emilia Romagna, un tempo regione ricca, con sistemi di welfare avanzati. Uno degli ingredienti che ha contribuito all’ottimizzazione del sistema welfare emiliano è stato un processo di esternalizzazione di parti di gestione, sempre più cospicue, dei servizi, verso le cooperative sociali.
Alcune di queste hanno fatto la parte da leone in questo processo e sono diventate per numero di lavoratori, utili e influenza politica delle vere e proprie multinazionali bianche o rosse. Il processo di esternalizzazione ha permesso un “toyotismo sociale” che ha prodotto forme di sperimentazione e di intreccio pubblico-privato.
Ciò spesso è stato fatto a danno dei lavoratori, che nel privato sociale hanno sicuramente buste paga più leggere, ma anche diritti meno certi e di volta in volta da mediare con la cooperativa stessa, con le indicazioni della committenza e altre infinite variabili. Tutto ciò è avvenuto con il beneplacito della politica, che scarica alle cooperative la gestione del lavoro e nel silenzio del sindacato. Uso il singolare perché in Emilia Romagna la Cgil è il sindacato con il maggior peso e la maggior influenza.
I numeri con cui Grillo si è affermato anche in Emilia Romagna, erodendo voti anche al Pd nell’ordine delle decine di migliaia, parlano chiaro. L’affermazione del M5S in regione può essere un elemento di rottura di questo ordine degli equilibri di potere.
E ora? In parlamento in questo momento i grillini hanno il boccino in mano. Mai come ora ciò può dare vita a dinamiche di trasformazione (o al loro contrario se ciò non avvenisse). La situazione sembra che di colpo si possa muovere veloce e ciò è sicuramente un bene. I grillini eletti possono decidere se obbedire al duo Grillo/Casaleggio, difendere la loro purezza e non porsi il problema della politica, che è anche governo, se si vuole trasformare l’esistente.
Altrimenti i loro elettori per cosa li hanno votati? Molti punti del programma, con cui i candidati del M5S sono stati eletti, sono condivisibili se e solo se trovano la strada per essere tradotti in pratica politica. Altrimenti, ai tatticismi e alle ideologie dei vecchi partiti e partitini di sinistra, si aggiungeranno i nuovi arrivati grillini.
Il ruolo dei movimenti sociali, in questo periodo non può limitarsi a quello degli osservatori da tribuna, tifando o maledicendo quello che avviene in Parlamento e nelle altre istituzioni. Dopo più di un anno di stagnazione è tempo di ripartire. A memoria, l’ultima grande manifestazione senza partiti in Italia è stata quella del 15 ottobre 2011, quando centinaia di migliaia di persone che già stavano pagando la crisi, chiedevano la destituzione di Berlusconi e ponevano il tema della ricerca urgente di un’alternativa politica, sociale e di sistema, parlando di difesa della scuola pubblica, della sanità, del welfare, dei beni comuni, di riduzione delle spese belliche.
E’ ora che i movimenti sociali riprendano il cammino, sperimentino e costruiscano istituzioni autonome pressando quelle esistenti. Come sempre chi siede in Parlamento potrà essere un interlocutore o un avversario.