È successo di nuovo.
Il vostro bravo ragazzo ľha ammazzata, alla fine.
Che strano.
Chi poteva aspettarsi che finisse così?
Noi.
Noi lo sapevamo, da quando abbiamo sentito la notizia della scomparsa.
Abbiamo controllato più e più volte le notizie, sperando che questa volta non finisse come tutte le altre.
La speranza è ľultima a morire, si sa. E infatti Giulia è morta prima di lei.
Un copione tragicamente già scritto.
Vi diremo di più: lo sapevamo ancora prima che succedesse, e non perchè siamo streghe ma perchè la conosciamo bene sta roba su cui voi sapete spendere solo parole vuote, ve lo presentiamo: si chiama patriarcato.
Conosciamo la paura di tornare a casa la sera, la sensazione di essere trattate come pezzi di carne, la gelosia che i bravi fidanzatini ci presentano quasi come pegni d’amore, il bisogno di gridare la rabbia e la paura che sentiamo, il silenzio gelido in cui cadono queste nostre grida.
Sapevamo che sarebbe andata così perché Filippo Turetta non è un mostro e non ha agito per un raptus omicida, follia o gelosia incontrollabile.
Filippo Turetta è un figlio sano del patriarcato.
E sappiamo che di patriarcato si muore.
E al primo uomo che tenterà di dirci che lui è diverso diremo di stare zitto, che non si azzardi a mettersi al centro della scena anche adesso, che se veramente pensa di essere diverso pianga con noi lacrime di rabbia e di dolore che bruciano gli occhi, e gridi con noi parole per Giulia e per tutte le altre.
Giulia, non possiamo prometterti che sarai ľultima, ma possiamo giurarti che bruceremo tutto.
Con rabbia e tanto amore ti salutiamo Giulia, e lo faremo prendendoci le strade, con i nostri corpi, desideri, sogni e passioni. Scenderemo in piazza il 25 novembre, spalla a spalla, mano nella mano. Con la forza che sappiamo di avere, con ľamore che sappiamo mettere in campo, con la sorellanza che sappiamo praticare.
Non era previsto che noi sopravvivessimo, e invece ci troverete sempre qui: a resistere, ad esistere.