OGM: IL MONDO IN MARCIA CONTRO I VELENI DELLA MONSANTO
Vent’anni fa due giornalisti americani della Fox denunciarono le presunte collusioni tra la corporation, la FDA e il governo statunitense. Il 24 maggio il grido di protesta contro gli Ogm coinvolgerà 400 città di tutto il pianeta, tra cui molte europee. Tutti marceranno contro la Monsanto.
Quando Jane Akre e Steve Wilson, provarono a denunciare i rischi dell’ormone bovino della crescita sul latte statunitense, un ogm griffato “Monsanto”, l’emittente televisiva Fox, piuttosto che mandare in onda il servizio dei due reporter, decise di licenziarli. Un’inchiesta scottante, troppo per svelare gli effetti cancerogeni di un prodotto come il Prosilac, messo su mercato e sponsorizzato solo dopo l’autorizzazione dellaFood and Drug Administration degli Stati Uniti, agenzia presso la quale all’epoca dei fatti lavoravano ex impiegati della Monsanto. Così il laissez-faire delle alte autorità nei confronti dei prodotti della multinazionale biotech si è esteso fuori dai confini degli Usa e del continente americano. E con questo anche l’urlo degli attivisti anti-Ogm.
Si chiama “March Against Monsanto” il movimento internazionale che si batte per impedire che la multinazionale dal fatturato di quasi 9 miliardi di dollari continui a gestire il monopolio alimentare del mondo. A partire dallo scorso anno milioni di questi salutisti della resistenza 2.0 hanno deciso di istituire ed aderire allagiornata internazionale di boicottaggio della Monsanto, prevista per il 24 maggio. Quest’anno la marcia verrà riproposta e raggiungerà 52 Stati e 400 città del mondo, comprese numerose capitali europee tra le quali Roma ed Atene.
QUANDO UNA MARCIA AD HOC NON BASTA
Grazie alle iniziative rivolte a contestare le multinazionali del biotech, sono state già molte le nazioni che hanno adottato normative per vietare il transgenico. Anche in Europa sono stati compiuti dei passi in avanti. Qui il criterio è il principio di precauzione: in sostanza, è stata lasciata l’iniziativa ai singoli Stati, fermo restando la necessità di adottare una politica di precauzione e cautelativa nei confronti dei rischi connessi al transgenico. Principio precauzionale che vale anche per quanto riguarda il mais Ogm Monsanto Mon810 – il cui uso è stato autorizzato in via generale dall’Unione Europea già a partire dal 1998 – e il nuovo mais transgenico Pioner 1507, cui è stato dato l’ok nel mese di febbraio, tra lo scetticismo di tutt’Europa.
UE, UN PANORAMA VARIEGATO
L’unico Stato membro ad avere adottato questa normativa flessibile é la Spagna, dove quasi 140mila ettari di terreni vengono spesi per produrre prodotti transgenici e dove si prevedono nuovi investimenti per puntare sugli Ogm dal 2015. Invece nei giorni scorsi la Francia ha confermato il veto espresso nei confronti del Mon810 e di tutti i prodotti transgenici. Posizione simile a quella adottata dall’Italia già da diversi anni. Ma una normativa che boccia l’utilizzo degli Ogm nell’agricoltura basta a renderci certi che sulle nostre tavole vengano serviti soltanto prodotti sicuri?
La questione è estremamente controversa in quanto il Belpaese produce meno del 10% della soia necessaria per gli allevamenti. La restante parte viene importata dall’America e da quegli stati che, non solo non hanno vietato l’uso degli Ogm, ma che addirittura cedono al potere delle lobby del biotech sponsorizzandone l’utilizzo o nascondendo gli effetti cancerogeni dei loro prodotti sulla salute. È per questo che in Europa e in Italia ambientalisti e agricoltori continuano a far sentire la propria voce.
ITALIANI: IL 98% DICE NO AGLI OGM
Lo scorso 5 aprile i rappresentanti di 38 associazioni si sono riuniti in diversi centri della Penisola per promuovere la campagna ‘Italia No Ogm’: l’obiettivo era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del biologico, sano e Made in Italy. Nell’ambito dell’iniziativa, gli attivisti di Legambiente hanno somministrato un sondaggio ai passanti per testare la percezione dell’opinione pubblica in merito agli Ogm: il 98% degli intervistati si dichiarava contro. “I risultati non ci sorprendono – ha fatto sapere Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente – poiché non è una novità che la maggioranza degli italiani sia contraria agli Ogm. Ma è bene sottolinearlo e ripeterlo quanto più possibile”.
Intanto il Tar del Lazio ha chiuso definitivamente le porte all’Ogm, rigettando il ricorso presentato da un agricoltore friulano contro il decreto interministeriale che vieta la semina del mais MON810 in Italia. Una sentenza “storica”, così la definiscono da Greenpeace, sulla quale è intervenuto anche il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina: “Apprendiamo con soddisfazione il pronunciamento del Tar che conferma nella sostanza le ragioni del decreto che blocca le semine Ogm in Italia. Ora proseguiamo con tenacia – ha detto – la battaglia che stiamo portando avanti anche con altri Paesi in ambito europeo. Il nostro obiettivo è dare più autonomia di scelta ai singoli Stati sul tema Ogm. Se non riusciremo a trovare un accordo entro giugno, questo sarà uno dei dossier più importanti del semestre italiano di presidenza dell’Ue”.
In sostanza, nessun via libera per le colture transgeniche in Italia. Quello che gli ambientalisti e contadini, pronti a mettersi in marcia contro Monsanto, vogliono categoricamente evitare che accada anche nel resto del mondo. La March Against Monsanto, infatti, si batte per l’etichettatura degli Ogm, per ottenere maggiori fondi per promuovere la ricerca sugli effetti sulla salute del transgenico, per l’esclusione degli ex dirigenti delle corporation dalle agenzie statunitensi e rivendica soprattutto il diritto all’informazione contro il sabotaggio dei media, che insabbiò l’inchiesta di Jane Akre e Steve Wilson e che alimenta ancora la disinformazione di moltissimi consumatori.