Iniziativa di Q-Generation e Cso Pedro in occasione delle mobilitazioni per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne il 25 novembre
Oggi 23 novembre azione di Q- Generation e CSO Pedro in prossimità della scadenza del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Dal Palazzo della Ragione in Piazza delle Erbe sono stati calati vari striscioni con la scritta “Non in mio nome” in diverse lingue. Una trentina di attiviste/i sono saliti sulla loggia indossando il passamontagna delle Pussy Riot e accendendo dei fumogeni colorati mentre dal megafono si spiegavano i motivi della protesta.
Gli interventi hanno messo in evidenza il nodo violenza/sicurezza. “Non in mio nome” è stato spiegato, significa rifiutare che in nome e per conto delle donne vengano attuate nuove leggi securitarie, come quella contro il femminicidio (L. 119-2013), recentemente emanata dal governo Letta.
Questa legge oltre ad essere peggiorativa per le condizioni delle donne che subiscono violenza, contiene al suo interno altre norme che nulla hanno a che vedere con la violenza, ma che invece introducono nuove norme repressive come quelle contro il movimento No Tav.
Cosa c’entra questo con la violenza contro le donne? Per questo le /gli attivist@ hanno affermato di non accettare che in nome di una falsa sicurezza vengano fatte delle leggi che limitano la libertà di tutt@, per rifiutare la strumentalizzazione dei corpi delle donne per scopi securitari. Non servono esercito e polizia perchè le donne si sentano più sicure.
Inoltre si è ribadito che: “La sicurezza che vogliamo è quella del reddito che ci garantisce di essere indipendenti, la sicurezza che vogliamo è quella dei servizi accessibili, scuole case, ospedali sanità. La sicurezza è poter scegliere sulla maternità, avere un servizio garantito per l’aborto, la sicurezza è avere una casa, la sicurezza è avere diritti. Invece siamo sempre più espropriate dei nostri diritti. La violenza è questa.Vogliamo ricordare che certamente quella più tristemente consueta è quella che viene perpetrata all’interno delle mura domestiche, ma esiste anche la violenza che si subisce attraverso la negazione dei diritti”.
E’ anche quella che subiscono tutti i giorni le donne migranti durante i viaggi per arrivare sino a qui, violentate, vessate, depredate, uccise. E poi una volta arrivate alla meta, di nuovo stuprate nelle prigioni dette CIE. E come chiamare quello che succede in Grecia, dove una donna per partorire deve possedere 1000 euro?
“Non in mio nome”, spiega Q-Generation, “lo abbiamo voluto scrivere anche in russo per ricordareNadezhda, la donna del gruppo Pussy Riot imprigionata e condannata ad anni di reclusione solo per avere cantato una canzone contro il dittatore Putin!! Di lei sappiamo solo che è stata deportata in una gelida prigione della Siberia”.
Nel volantino distribuito durante l’azione si legge: “Quello che pretendiamo è la libertà di scelta e diritti!
Reddito garantito prima di tutto (solo a Padova e provincia nell’ultimo anno circa 800 donne hanno perso il posto di lavoro!), perchè da questo deriva prima di tutto la nostra indipendenza, che ci garantisce di non dipendere da un uomo, da un padre, un marito, un chicchessia”.
In conclusione dell’iniziativa sono stati lanciati alcuni slogan dal megafono: Libertà di scelta! Diritti!
Letta giù le mani dai nostri corpi! Governo Letta non ho bisogno di te per essere protetta!