Riflessioni sul dibattito intorno all’affermazione del Movimento 5 Stelle
Dopo lo tsunami
di Pietro Rinaldi*
Sono passati un po’ di giorni dal risultato elettorale; ma nonostante la diffusione di riflessioni su quanto accaduto nelle urne italiane, lo scenario appare ancora bisognoso di approfondimenti, vista la velocità delle mutazioni in campo.
Il movimento di Grillo ha scatenato una diffusa esigenza di prendere la parola su quanto accaduto, naturalmente per comprendere la fase cercando di comprendere quanto è accaduto e accadrà.
Ho letto come prima riflessione quella di Toni Negri e la utilizzo come arnese prevalente, ma non esclusivo, della riflessione, semplicemente perché, letta prima di altre, ha prodotto, prima di altre, le traettorie del mio approfondimento.
Tutte naturalmente stimolano la riflessione su quanto accaduto e su quella che sarà la fase post-elettorale e quelle che saranno le determinazioni che i movimenti dovranno e sapranno intraprendere.
Per il ruolo che temporaneamente ricopro di consigliere comunale della mia città, non mi sottrarrò da questa prospettiva e da questo angolo visuale.
Innanzitutto, tutti ma proprio tutti, qualificano “nuovo” il Movimento 5 Stelle.
“Nuovo”, moderna categoria che si impone con prepotenza a tutti: “nuovo” vs “vecchio”.
Nuovo binomio del conflitto, che naturalmente parla in termini generazionali a quelle generazioni – naturalmente – attraversate dai movimenti.
Non più quello schema classico e noto, fatto di alternativa (abusata nell’ultimo biennio), scontro e conflitto sociale per conquiste sociali e solidali contro l’egoismo di classe, ma un “nuovo” contro “vecchio”, dentro cui il tema delle disuguaglianze viene annegato nel superamento dello scontro tra classi, e portato in pubblica piazza come risultato dell’oscenità morale, civile e culturale del rappresentante di turno.
Eppure lo schiaffo più pesante preso in pieno viso e che francamente ha costituito motivo di emozioni contraddittorie, è stato l’entusiasmante endorsement del portavoce Notav sul palco di Torino a Grillo. Perché? Bastava la sua presenza, quasi silenziosa, a legittimare sul piano della invasione istituzionale del Movimento 5 Stelle. Inoltre perché mi permette una battuta ai compagni di infoaut (di cui rispetto l’impegno nell’analisi anche se spesso confliggiamo negli esiti): do you remember “doveva finire con un comizio”?
Forse non ci siamo accorti che è finito proprio con un comizio: a Torino con 70.000 persone e il portavoce Perino.
Ma questa è solo una battuta…, ma cosa è precipitato in quella piazza e più in generale nel voto a valanga per Grillo? Sicuramente un voto contro l’austerity, negarlo sarebbe da miopi, e quindi un voto prodotto anche dalle evocazioni del conflitto sociale auspicato, ma determinatosi carsicamente. Pensare che quel voto non sia nato nelle sofferenze della crisi e ne costituisca anche la precipitazione più diretta, appare un tentativo di sottrarsi allo tsunami in atto.
Potrebbe essere stato il punto di arrivo momentaneo – parziale e non definitivo, ma inevitabile in assenza di prospettive altre – di quell’intero decennio moltitudinario e multiforme di iniziativa pubblica dei movimenti, da Genova alle piazze viola e girotondine, dalla ripresa del conflitto nelle nuove fabbriche con i metalmeccanici, ai tumulti studenteschi, che in più occasioni hanno fatto gridare (…e sperare) alla ripresa di parola dei movimenti nel nostro paese. Potrebbe. Mi pongo in termini interrogativi, innanzitutto perché occorre studiare e capire come sia possibile che dopo aver gridato per anni che nelle urne non succede niente, siamo un po’ costretti a parlare di un un fatto rivoluzionario, anche se limitatamente sul terreno del sistema politico – istituzionale: “…un fatto rivoluzionario. Che non ha, per dimensioni e profondità del fenomeno, precedenti nelle vicende della rappresentanza politica nei paesi occidentali, nei sistemi parlamentari del cosiddetto capitalismo avanzato del secondo dopoguerra…” solo che ciò che si determina “rivoluzionario” sul quel terreno difficilmente non ha radici profonde nella società e quindi sarebbe un po’ forzato divaricare i campi, perché forse quando ciò che accade sul terreno politico – istituzionale è rivoluzionario, nella società è accaduto qualcosa di altrettanto rivoluzionario.
Mi pongo questi interrogativi, perché chi sperimenta l’attraversamento dei nessi amministrativi e quindi i luoghi della rappresentanza, attraversa proprio quel rapporto contraddittorio tra rappresentanza e movimenti da una parte, ma anche quella contraddizione attribuita al movimento di Grillo così efficacemente da Toni Negri.
Quel nervo scoperto che solleva, sulla contraddizione del “Grillo pensiero” della doppia e duale rappresentanza, intesa come bivalenza di interessi di classe diversi, è esattamente il vero portato di quel “nuovo”, con cui il corpo a corpo è risultato estremamente complicato per i movimenti.
L’attraversamento dei nessi amministrativi è esattamente l’attraversamento di quella contraddizione.
Proprio come accade anche a Napoli con il suo “nuovo” sindaco, capace di mettere insieme pulsioni giustizialiste potentemente presenti nella società italiana – un carabiniere di alto grado al comando della polizia municipale o magistrati in giunta – e istanze di libertà e di eguaglianza.
Questa contraddizione è uno degli elementi vivi e costituenti del “sistema biopolitico Italia” oggi, ed è bene agirla consapevoli dei rischi, ma consapevoli della inevitabilità.
Ma interroghiamoci di più sul risultato elettorale del 5 Stelle.
Dopo il passato voto amministrativo e la nuova stagione dei sindaci, un pezzo di elettorato si è strutturalmente e consapevolmente orientato su paradigmi di rottura antisistemici. Le vittoria di Milano, Napoli, Cagliari e quella di Grillo hanno molto in comune, rappresentano e rappresenteranno sul terreno istituzionale esattamente la navigazione entro quella contraddizione, che in alcuni casi ha significato una sconfitta precoce e prevedibile delle istanze progressive e di rottura rispetto al terreno regressivo della rappresentanza, in altri è tutt’ora in vigore una competizione permanente con risultati alterni.
Rimane l’invito a “stanare Grillo”.
C’è qualcosa di nuovo o meglio di una nuova sintesi sul Grillo di piazza San Giovanni.
Una sorta di eurozapatismo – le parole del guerriero – in cui i temi per stanarlo appaiono fagocitati dal 5 Stelle, come se nel tentativo di stanarlo ci accorgessimo che è già scappato.
Reddito? Patrimoniale? Legge elettorale? Francamente Grillo appare essere anni luce avanti. Perché riesce a declinare intorno a queste parole una mitopoiesi eccezionale, senza apparire lo sfigato di turno che parla. Soprattutto è riuscito a parlare di quei temi ad un mondo a cui per anni i movimenti sono apparsi come alieni.
Penso abbia veramente e finalmente archiviato il ‘900, di cui però siamo parte integrante, costitutiva e resistente… al suo superamento.
E’ per questo che sarà difficile agire subito su quel corno progressivo della testa bifronte grillina e non vale tranquillizzarsi pensando che tanto il loro sguardo è rivolto altrove, perché il tema forse posto è che non solo non c’è più l’equivoco sui partitini di lotta e di governo, ma vi è un salto di qualità della definizione, ossia se è possibile lottare governando, come se fosse possibile e con risultati profondi sfidare l’Europa dell’euro partendo dalle urne elettorali. Arriveranno a chiamarlo potere costituente?
Ma appunto per agire la contraddizione occorre accettare e ammettere che alle eccedenze il mostro bifronte ha parlato meglio di chi si è ostinato ad emozionarsi e riconoscere come tali sole le eccedenzerimanenze (anche estetiche) di un’altra epoca: il ‘900.
Mentre ci ostiniamo a riflessioni ossessive e incomunicative intorno ai temi dell’efficacia delle azioni e sull’uso legittimo della forza, una forza smisurata entra in campo da una porta che abbiamo un po’ tutti trascurato.
C’è tanto su cui interrogarsi su quanto il terreno del conflitto sociale possa forzare l’orizzonte e stanare così le contraddizioni grilline, ma è certamente intorno a questo tema che i movimenti misureranno la loro permanenza nello spazio pubblico, sapendo quanto sarà difficile però per i sopravvissuti al secolo breve ritrovarsi alle reti dei cantieri della tav o in picchetto sulle strade di una discarica, non più con i soliti ed esteticamente tristi partitini di lotta e di governo, con più bandiere che militanti, ma con qualche centinaio di parlamentari grillini, che eserciteranno anche loro la contraddizione, ma con l’obiettivo opposto, ossia di tenerla insieme, di ricomporla, rinforzarla e consolidarla “…quell’alleanza – perché questa è un’alleanza puramente fascista …- con la piccola imprenditorialità oggi e domani grande imprenditorialità, insieme a esclusi, non garantiti e classe media in disfatta…”. Ecco, la difficoltà sarà rompere quell’alleanza proprio nel momento in cui si è mostrata con cotanta forza, ma soprattutto interrogarsi fino in fondo sulla propria adeguatezza a quella contraddizione, senza da una parte arrivare alle demonizzazioni condite appunto dal pericolo fascista, anche se bisogna ammettere che ogni volta che aprono bocca è proprio difficile far finta che non abbiano simpatie per il ventennio, ma dall’altro neanche pensando che il Movimento 5 Stelle non compete con i movimenti sociali che si battono per la trasformazione radicale dello stato di cose presente.
Interroghiamoci sinceramente, liberi dai pregiudizi, senza cercare facili e sonnolenti tranquillizzanti, perchè altro che guardare altrove questi hanno guardato proprio a casa nostra, sono entrati senza bussare, hanno sfondato le pareti e si sono appropriati delle sfumature che nei movimenti pesano come macigni portando tutto dove nessuno ha mai neanche immaginato, dentro quel perimetro delle istituzioni portandoci a parlare di trasformazione epocale.
* Consigliere Comunale di Napoli