Vicenza- Il dito e la luna
Sabato 12 maggio mobilitazione contro il convegno alla presenza del console USA e capo dello Stato Maggiore dell’esercito italiano
Non c’è che dire, è scoppiato un bel putiferio dopo che il Presidio No Dal Molin ha sollevato pubblicamente la questione del convegno su guerra e affari organizzato da Alifuoco e Giulianati in città il prossimo 12 maggio.
Chiariamo velocemente un aspetto, giusto per sgombrare il campo da inesattezze e illazioni strumentali. Quello che abbiamo fatto è stato sollecitare pubblicamente, rivolgendoci quindi anche, ma non solo, alla Curia vicentina, una riflessione sul senso e sul fine di quel convegno. Riteniamo che le istituzioni ecclesiastiche siano dotate di autorevolezza e autonomia tali da non poterne o doverne condizionare le scelte.
Tolta la cortina fumogena delle polemiche strumentali resta il problema vero, ovvero quel meeting sulla “sicurezza” nel mediterraneo, ma anche, o per meglio dire soprattutto, sulle opportunità che la presenza di strutture militari impegnate in diversi fronti di guerra possono garantire ad un tessuto economico che, proprio grazie alla guerra, prospera. Non è un caso che il convegno di Alifuoco e Giulianati concentri la sua attenzione in particolar modo sul Medioriente. Le fonti di guadagno nell’area sono molteplici, a cominciare dalle preziose risorse energetiche, senza dimenticare la grande torta degli appalti sulla fornitura di materiali e servizi agli eserciti e sulla ricostruzione dei paesi in guerra. Finchè c’è guerra c’è speranza era il titolo di un film, ma in tempi di crisi può diventare, per qualcuno, una manna dal cielo. I soldi non puzzano, affermava già quasi duemila anni fa l’imperatore Vespasiano.
Dopo la stagione delle rivolte in Egitto e nei paesi del Maghreb si tratta di ridefinire gli equilibri economici e geopolitici nell’area, bisogna tenere sott’occhio il ruolo della Turchia, della Cina. Pensiamo al conflitto libico, ai 5 miliardi di dollari per gli appalti sulle infrastrutture, al sotteraneo conflitto italofrancese per l’assegnazione delle quote di greggio (Eni e Total facevano la parte del leone, prima del conflitto, con circa il 43% di petrolio estratto).
Lasciano quindi il tempo che trovano le polemiche sterili e le accuse che ci sentiamo rivolgere da chi, non dimentichiamolo, ha precise responsabilità politiche nelle sciagurate vicende del Dal Molin, e che adesso diventa paladino della libertà d’espressione, dimenticandosi di aver imposto quella base alla città, arrivando addirittura a chiedere al Consiglio di Stato di impedire che i vicentini potessero democraticamente esprimersi.
I vari Sorrentino, Cattaneo, Donazzan, lo stesso Giulianati grande sostenitore della base Usa al Dal Molin, il pudore l’hanno evidentemente riposto in qualche dimenticato cassetto.
Scusate, ma la memoria non è mica un optional, ed è troppo comodo sviare l’attenzione dai problemi veri che abbiamo voluto sollevare. Ancora una volta, anziché guardare la luna, questi signori concentrano la loro scarsa e cialtronesca attenzione al dito che la indica.
Il problema vero è, per tornare alle questioni concrete, reali, il disegno che qualcuno ambisce a realizzare, facendo diventare Vicenza uno snodo strategico dell’economia di guerra.
Non da oggi, come Presidio No Dal Molin, denunciamo pubblicamente la commistione tra strutture e operazioni militari con l’economia e la finanza. Noi critichiamo in toto il progetto di Alifuoco e Giulianati (è la democrazia, signori) di insediare a Vicenza una struttura di governance che punti ad armonizzare gli interessi economici, politici e militari in gioco, così come da cinque anni critichiamo e lottiamo contro gli strumenti militari che sono necessari all’economia di guerra. Il Dal Molin, senza girarci troppo attorno, a questo serve. Si mettano tutti l’anima in pace.
Ci sono due visioni diverse del mondo, del futuro della nostra città, profondamente divergenti e in conflitto tra loro. Da una parte c’è chi, come i vari Alifuoco, Giulianati e compagnia bella pensa di stare seduto a un tavolo a giocare a Risiko, dall’altra tutti quelli che non accettano il ruolo di pedine inerti, da ridurre al silenzio per non disturbare il manovratore. Un film già visto, in questa città, che continua a non piacerci e che non rinunceremo certo a contestare, finchè saremo donne e uomini liberi di pensare e agire. Tutto il resto, per quanto ci riguarda, è aria fritta.
Le polemiche pretestuose di questi giorni le vogliamo trasformare in opportunità di discutere collettivamente dei problemi veri che emergono da questa vicenda, che sono tanti e preoccupanti. Per questo invitiamo tutte e tutti ad un momento di confronto e riflessione martedì 8 maggio alle ore 21 al Presidio Permanente No Dal Molin.
Presidio No Dal Molin