Trento – Rassegna stampa per comprendere meglio la situazione sulla (im)possibile chiusura del CSO BRUNO

Alle porte il tentativo di chiusura del CSO BRUNO

1 / 4 / 2013

 Il 16 marzo, appare dopo mesi di silenzio, un articolo sul “Corriere del Trentino” intorno all’affare noto come permuta “Italcementi-Ex Dogana”,ossia lo scambio di stabili tra Federazione delle Cooperative Trentine e la Provincia Autonoma di Trento. 

In questo articolo venivano elencati gli aspetti economici e tempistici dello scambio senza nemmeno accennare al fatto che uno dei due stabili, quello di Via Dogana, è occupato da 7 anni dai militanti del Centro Sociale Bruno.

Che sia stata una svista dimenticarsi di questo particolare? 

Oppure fa comodo tenere in sordina ciò che potrebbe riaprire una questione pre-elettorale sugli spazi sociali e liberi nella città di Trento?

Alcuni link, tratti da “Questo Trentino”, possono essere utili per capire l’operazione dettata dalle lobby del mattone a cui Trento assisterà.

Tratto da:

Italcementi, le “premonizioni” della Curia

Dellai: la faccia tosta

Dellai-Dal Maso, meno scuola, più cemento

di seguito il comunicato del CSO BRUNO:

Apprendiamo dalla stampa locale che entro giugno 2014 lo stabile dove abbiamo dato vita all’esperienza di autogestione politica e sociale del centro sociale Bruno dovrà essere libero per far posto al nuovo costoso quartier generale della Cooperazione Trentina.

Un’asettica nota conferma che la Federazione delle Cooperative Trentine ha firmato la permuta dell’area ex Italcementi con l’edificio di via Dogana, operazione che riteniamo di chiara speculazione che ha portato nelle tasche di panciuti dirigenti un bel po’ di soldi e di potere. Soldi che, è bene ricordare, sono della collettività, dei cittadini trentini, quindi anche nostri.
Come ampiamente già segnalato nelle nostre iniziative, chi ci rimette economicamente è la cittadinanza trentina. Già questo basterebbe a farci indignare. Questi “affari” vengono fatti sottraendo soldi utili del welfare a quanti oggi subiscono la crisi, e si tratta solo di uno dei molti esempi del “sistema trentino”, un mix di interessi e clientelismo che se non viene trasformato radicalmente è destinato a portarci al collasso.

Attraverso queste righe ci preme fare chiarezza una volta per tutte rispetto al futuro del Bruno.
1. Il Centro sociale Bruno non ha nessuna intenzione di chiudere la propria esperienza. Ci hanno sgomberato più volte, abbiamo resistito, abbiamo costruito, abbiamo sudato e gioito. La questione non è risolvibile con comunicati stampa o polizia: siamo pronti a sederci e discutere se dalla controparte c’è la volontà. Lo spazio però rimanerrà utilizzato, da lì intanto non ce ne andiamo.
2. I nostri passi in questa direzione li abbiamo fatti, dalla Cooperazione e dalla Provincia nessuna risposta. Se loro non vogliono parlare e trattare si assumeranno anche la responsabilità delle loro azioni. Noi ci siamo, il nostro indirizzo lo conoscono, i nostri nomi e cognomi anche!
3. Da oggi parte la campagna “il Bruno non si tocca”: chi vuole chiudere questa esperienza deve sapere che non tocca poche persone o un progetto minoritario. Tocca una pluralità di soggetti e generazioni, tocca un’idea di società diversa e tocca delle azioni concrete come i progetti che quotidianamente trovano possibilità di esprimersi al suo interno.
4. La prima iniziativa di questa campagna è quella di invitare tutti e tutte a spedire al nostro profilo Facebook una foto con uno slogan a sostegno dell’esperienza di autogestione del Bruno che quest’anno compirà 7 anni.
5. To be continued…”

Il 28 marzo, sulla testata localel’Adigeappare un nuovo articolo assai preciso sulle tempistiche di demolizione dello stabile occupato dal Centro Sociale Bruno, nel quale si annuncia la singolare richiesta da parte della Federazione delle Cooperative di 25 milioni di euro alle Casse Rurali per chiudere la partita “Italcementi- Ex Dogana”.

«Care Rurali, ora tirate fuori 25 milioni» di Paolo Ghezzi

Ma c’è chi si riduce la quota

TRENTO – «Quando quelli sono nell’angolo, chiedono l’atto di fede. Ci fanno vedere le slides e poi non ce le mandano. Non c’è trasparenza. E ci hanno chiesto anche più della quota proporzionale, perché sanno che gli daremo tutti un po’ meno. Fanno i marocchini». La voce,  politically  non troppo  correct , di un direttore di Rurale, racconta il clima di «vaffan», per citare lo statista Grillo, che si respira sull’Ex Italcementi.

Nel pool creditizio, prima c’erano anche le banche non coop (Btb, Unicredit ecc.). «Non ci siamo tirati indietro noi» chiarisce il dirigente di Banca Trento e Bolzano Calabrò «ma stiamo alla finestra, dopo che Federazione ci ha avvertito dell’intenzione di rivedere la composizione del pool».

Probabilmente per tagliare il costo tassi. Ma non sono tutti «sì» al 100% quelli che arrivano alla Federazione, che ha chiesto l’invio del modulo di adesione entro il 22 marzo, cioè venerdì scorso. C’è chi obbedisce e paga in proporzione, ma ci sono anche rurali che si sono autoridotte la quota indicata nella richiesta di Schelfi di oltre il 50%. Insomma, l’operazione pool è vaga, su un’operazione immobiliare ancora nel vago. E pare che all’ultimo CDA di FedCoop Schelfi si sia lasciato scappare  «la m’è scampada de mam».

Nel blog dei cooperatori critici , «Il Tamburino» riferisce della lettera di Schelfi sotto il titolo eloquente «Il baratro ai piedi del castello». Definendolo un disegno ambizioso finito con un buco da 22 milioni di euro. La Federazione presieduta dal mago delle relazioni (trentine e romane) Diego Schelfi ha inviato a tutte le Casse Rurali Provinciali una lettera per “elemosinare” la loro caritatevole collaborazione. Non accenna nemmeno, per carità di patria, al venditore dell’area: l’Isa, la finanziaria della Curia, nel cui CDA sedeva Schelfi, l’acquirente in nome e per conto della cooperazione».

«Nel frattempo la Federazione in tre anni svalutava la sua partecipazione nella Piedicastello SPA, portandola da 2.839.000 a 767.000 euro. Ciò, chiaramente, ha influito sui bilanci della Federazione, e pure sulla gestione, se è vero ciò che si racconta in via Segantini, ossia che molti reparti sono allo sbando perché sottodimensionati. Poco importa se a rimetterci è il servizio in favore delle Cooperative. Intanto però nel 2011 la società ha pagato qualcosa come 778.000 euro di interessi. Qualche domanda per finire: il rettorato e la ex dogana valgono 30 milioni? E chi pagherà le ristrutturazioni? Torneranno indietro i soldi prestati dalle Casse?».
Nel bilancio 2011 di Piedicastello compare una prima plusvalenza a seguito della vendita del compendio a Patrimonio Tn, cioè alla Provincia. Il 30 dicembre 2011 è stata firmata anche la vendita delle palazzine a uso abitativo per 2,848 milioni. A bilancio, una plusvalenza di 472mila euro (20%). Se la stessa proporzione valesse per l’ex complesso industriale, FedCoop si ritroverebbe un’ulteriore plusvalenza di 5,5 milioni. A bilancio 2011, però, il compendio è iscritto a 25,8 milioni (solo +1,6). L’accordo FedCoop-Provincia prevede la cessione dell’ex Italcementi per 30,3 milioni, in cambio del complesso ex Dogana  (nella foto) , valutato 13,5 mln, del rettorato di via Belenzani, per 10,8 mln, e di un conguaglio di 6.

FedCoop batte cassa per i debiti di Piedicastello

TRENTO – L’operazione Piedicastello-Ex Dogana si allunga nei tempi (causa «baratto» con la Provincia) e la  FedCop  batte cassa (rurale), per ricostituire un pool bancario  all-coop  che sostenga i  25 milioni  di debiti di  Piedicastello SPA , costituita ad hoc da  FedCoop .

«Caro Presidente, caro Direttore – esordisce il presidente  Diego Schelfi  nella lettera spedita il 4 marzo a tutte le  43  casse rurali trentine – nella recente riunione del 25 gennaio presso la Cantina La-Vis, vi ho presentato la situazione economico-finanziaria della società  Piedicastello , lo stato di avanzamento dei lavori di demolizione e bonifica e le ragionevoli previsioni di evoluzione, chiedendo la vostra disponibilità a supportare finanziariamente un’operazione che, nostro malgrado, ha avuto uno sviluppo diverso da quanto originariamente programmato».

Il prologo è contrito perché introduce un riepilogo della vicenda che sfociare nella richiesta di un «aiuto di sistema», come amano chiamarlo al sesto piano di via Segantini. Schelfi  ricorda infatti che il contratto preliminare stipulato con la  Provincia  nel dicembre 2011, per lo scambio (attraverso  Patrimonio del Trentino ) tra Italcementi da una parte ed ex-Dogana di via Segantini+rettorato via Belenzani + conguaglio di  5,992 milioni , è ancora  in itinere , e così «il peso degli oneri finanziari e l’incertezza sulla destinazione dell’area ex-Dogana stanno pesando fortemente sul conto economico di  Piedicastello  e  Federazione ; per questo siamo a chiedere a tutte le Casse Rurali del Movimento cooperativo trentino un supporto finanziario “di Sistema”» in misura proporzionale alle masse amministrate dalle singole banche, con capofila  Cassa centrale . E, naturalmente, con più che proporzionale quota della  Cassa rurale Trento , in quanto direttamente interessata al rettorato adiacente alla sua sede centrale di via Belenzani.

La fotografia attuale della partita immobiliare è così descritta nella lettera: «…è continuata l’attività di  Piedicastello  per portare avanti i lavori di demolizione e bonifica all’ex-Italcementi e per trovare una destinazione ai compendi immobiliari. Risultano in fase avanzata le trattative per la cessione a  Cassa Rurale Trento  dello stabile di via Belenzani. Sull’area ex-Dogana c’è la possibilità di realizzare un nuovo immobile con ampia cubatura, anche sotterranea e le due società informatiche del Movimento,  Phoenix  e  IBT , hanno dichiarato il loro interesse ad acquisire uffici; l’area ex-Dogana sarà acquisita da  Piedicastello  se si realizzeranno alcune condizioni del preliminare, diversamente  Patrimonio  dovrà corrispondere il prezzo dell’area».

L’esposizione di  Piedicastello SPA , specifica  Schelfi , è di oltre  22 milioni  in forma di prestito in pool a cui si aggiungono  4 milioni  di prestito infruttifero di  Federazione . Al «sistema» del credito coop trentino,  FedCoop  – dopo l’ok del comitato settore rurali del 22 febbraio – chiede un finanziamento con: durata  18 mesi -1 giorno ; importo circa  25 milioni ; decurtazioni entro 2013 in relazione ai piani cessione; fideiussione specifica  Federazione ; tasso fisso  1,10% , altre spese esenti.
«È evidente – conclude  Schelfi  – che le condizioni rispecchiano le finalità cooperative e “di Sistema” dell’operazione, peraltro totalmente garantita dalla  Federazione …. Ci rendiamo conto del sacrificio che siamo costretti a chiedervi in un momento di generale difficoltà. Crediamo anche che, proprio in questi frangenti, si dimostri come insieme si possono affrontare e risolvere le situazioni di bisogno». Appello che non ha suscitato ululati di gioia rurale: le Casse si allineano ma senza entusiasmo e non tutte al 100%.
Una successiva mail di  Schelfi  ha corretto il tiro: volevamo sondare disponibilità,  Cassa centrale  vi dirà i dettagli. E la Cassa centrale banca (Ccb)  minimizza: era «un test del  sentimento », è in corso una revisione del pool creditizio entro metà giugno, ma infine potrebbe avere caratteristiche diverse da quelle della prima lettera di  Schelfi  e  Dellai. Possibile anche una ristrutturazione per fasi diverse, anche rispetto all’approdo del  pool in-house .
Insomma, le mamme di via Segantini ( FedCoop  e  Ccb , lato A e lato B) non vogliono strangolare le figlie che faticano in Trentino a far quadrare il bilancio nell’Era triste delle Sofferenze.

Il giorno seguente, viene ripresa la notizia, e si nota fin dalla prima pagina del quotidiano stampa la volontà di attribuire al CSO BRUNO delle colpe che non ha, come quella di aver rallentato una permuta così importante che avrebbe causato un aumento della spesa delle cooperative dovuto agli interessi sullo scambio.

Riportiamo gli articoli mistificatori del 29 marzo.

“L’affare: il rogito per lo scambio con la Provincia è fissato a fine giugno, ma rischia di slittare Coop, il rebus immobiliare. I ritardi all’ex Dogana pesano sull’operazione Italcementi.” di Daniel Battistel e Paolo Ghezzi

“La richiesta della Federazione di un «sacrificio» da parte del sistema delle Rurali per alleggerire il peso finanziario che grava su Piedicastello Spa, ha acceso i riflettori su uno dei problemi più spinosi della complessa operazione di baratto immobiliare tra Provincia e via Segantini: quello dei tempi. Il closing della permuta (area ex Italcementi alla Provincia, ex Dogana e rettorato a FedCoop) dovrebbe avvenire entro il 30 giugno prossimo, ma il rischio di veder slittare tutto, complice la grana «Bruno», è concreto. Con inevitabili ripercussioni sui conti della società della Cooperazione.”

“Ex Dogana. Rischio slittamento La presenza del centro sociale Bruno blocca la permuta con la Provincia.” di Daniele Battistel

Tutto ruota attorno a Bruno. Che – pur trovandoci in Trentino – non è l’orso né il presidente del Consiglio Dorigatti né tanto meno il compianto Kessler. Bensì il centro sociale autonomo, la cui presenza (abusiva, ma tollerata da anni dai palazzi delle Istituzioni) rischia di far mandare a monte «l’affare del secolo». Stiamo parlando della maxi operazione di permuta tra la Provincia Autonoma (tramite il suo braccio operativo Patrimonio del Trentino) e la Federazione della Cooperazione.

L’accordo.

È di ieri la notizia che il presidente Diego Schelfi ha chiesto ufficialmente aiuto alle Casse Rurali affinché si accollino parte del debito (25 milioni) fatto dalla Cooperazione per l’acquisto dell’area Italcementi (tramite la società Piedicastello spa, comprata a suo tempo dall’Isa) . L’area – tramontata l’ipotesi di trasformarla in cittadella delle Coop – è stata promessa alla Provincia in cambio dell’attuale palazzo del Rettorato di via Belenzani (da girare alla Cassa rurale di Trento), dell’area pubblica via Dogana e di un conguaglio cash di 5,992 milioni di euro.

I vincoli.

Il preliminare firmato il 30 dicembre 2011 prevede che lo scambio avvenga con il rogito entro il 30 giugno 2013, alla condizione che due delle aree interessate dallo scambio (Dogana e Italcementi) siano liberate dagli attuali edifici. L’«immissione in proprietà», cioè la consegna delle chiavi, dovrà invece avvenire entro il 31 dicembre per il rettorato, ed entro il 30 giugno 2014 per le altre due aree (previa bonifica). Il contratto prevede pure che entro il 31 dicembre di quest’anno sia approvato dal Comune di Trento il piano attuativo sull’area ex Dogana. Nel caso in cui entro fine anno Palazzo Thun non abbia approvata la delibera che consenta di costruire 37.500 metri cubi, il contratto prevede due possibilità: se il piano approvato concederà almeno 34 mila metri cubi, Patrimonio pagherà a Piedicastello un indennizzo pari alla differenza di volumetria, se ne prevederà meno, la società provinciale riacquisterà il compendio al prezzo pagato da Piedicastello, pari a 13,5 milioni.

Gli ostacoli.

Ad oggi due condizioni sembrano impossibili da realizzare, e riguardano ambedue l’area di via Dogana: l’approvazione del piano attuativo entro fine anno e la demolizione entro tre mesi dell’edificio che vi sta sopra. Che – per tornare all’incipit – è occupato dal centro sociale Bruno da sette anni. I ragazzi (vedi articolo nella pagina di fronte) non hanno alcuna intenzione di mollare la loro sede senza ottenere – anche loro – una contropartita. Quale? Il presidente della Provincia Alberto Pacher si limita a dire che «si troverà qualche soluzione più avanti», dando per scontato che la firma sul contratto di permuta non avverrà entro il 30 giugno di quest’anno.
Anche perché tutti sanno che il vincolo del piano attuativo da approvare in Comune entro il 31 dicembre non sarà rispettato.
Lo ammette lo stesso vicesindaco (e assessore all’urbanistica) Paolo Biasioli. «Va detto – premette – che diversi passaggi preliminari sono stati fatti. La nostra intenzione è di chiudere la partita in commissione urbanistica entro aprile e poi portare in Consiglio comunale la delibera sul cosiddetto “atto d’indirizzo” che riguarda sia via Dogana che l’Italcementi. Con questo, di fatto, si fissano tutti i paletti del piano attuativo».
A rigor di contratto, però, è il piano attuativo quello che fa fede. «Mi pare azzardato dire che saremo pronti per quella data – ammette Biasioli – ma con l’atto d’indirizzo già si esprimerà la volontà politica. E per quanto riguarda le volumetrie siamo esattamente nei termini delle loro richieste».

La soluzione.

Cosa succederà ora, visto che queste due «condizioni» (citando la lettera di Schelfi) non saranno soddisfatte nei termini previsti? Una nota di Patrimonio del Trentino fa notare che nel preliminare sono state inserite sei paroline magiche: «Salvo diverso accordo» tra le parti. «Tra gentiluomini – conferma il presidente di Patrimonio del Trentino Claudio Bortolotti – i tempi non sono un problema: troveremo un accordo che vada bene a tutti». Ed è proprio qui che si inserisce l’invito di Schelfi alle sue banche a… cooperare: prevedendo che passeranno ancora diversi mesi prima di rientrare dell’investimento fatto (cioè prima di incassare il conguaglio dalla Provincia), il leader di via Segantini punta a ricontrattare il mutuo per spuntare un tasso più basso e non inchiodare l’operatività della Federazione.

Intervista a Diego Schelfi, presidente della Federazione Cooperative Trentine.

«Chiedere aiuto alle coop per la città è forse reato?»
Uno Schelfi amaro: cerchiamo solo di risparmiare di Paolo Ghezzi

Presidente Schelfi, si sapeva che nel suo quarto mandato – tra La Vis e Funivie – avendo voluto la bicicletta, avrebbe dovuto pedalare. Ma il tono accorato dell’appello per Piedicastello ha sorpreso molti.
«E invece è una richiesta del tutto normale. Io ho fatto un’operazione, nel bene e nel male, avevo una scadenza finanziaria del debito a fine giugno, ho chiesto al mio sistema di intervenire con un prestito a breve termine, in cui la Cassa centrale avrebbe guidato l’operazione in pool».

Però ha chiesto «un sacrificio» – parole sue – a tutte le Casse.
«I contorni dell’operazione non sono ancora precisi: Cassa centrale vuole sostituire le quote di UniCredit e Btb con il credito coop per abbassare il prezzo del debito. Io, come Federazione, ho semplicemente chiesto a Cassa centrale e al sistema, se possono darmi il tasso migliore possibile. Non è uno scandalo, mi pare».

È comprensibile: a circa 1,8 milioni assommano gli oneri «vivi» 2012 sostenuti per Piedicastello SPA.Attenzione: solo metà sono oneri del debito, il resto sono i costi che stiamo sostenendo per i lavori affidati al Cla, di demolizione e ripulitura dell’area Italcementi (in piedi ci sono ormai solo le ciminiere): costi previsti, che recupererò quando la Provincia avrà sostenuto i suoi, di costi, sull’ex Dogana».

Mentre sugli oneri finanziari lei sta cercando di risparmiare.
«Io, Federazione, non sono un’impresa, vivo del rapporto con i soci, ho chiesto soltanto un aiuto in solidarietà cooperativa».

Nella lettera alle Rurali ha fissato il tasso, basso: l’1,1%.
«Solo un’ipotesi indicativa. Sarà la Cassa centrale a stabilire, dopo delibera specifica, i migliori tassi possibili, su un debito che sto pagando già da 7 anni».

Per un megaprogetto di Grande Cooperazione.
«Per lavori di bonifica per la città, per un’area ferma da trent’anni. Io mi sono messo a lavorare. E adesso me le devo anche sentire».

La libera stampa è impietosa, lei lo sa. Ma ci sono intoppi nel risiko urbanistico?
«Con Bortolotti di Patrimonio del Trentino ci parliamo. Nessuno dei due è irragionevole, le condizioni del preliminare si possono anche rivedere».

Non tutte le casse rurali hanno detto sì al suo «bussare».
«La risposta è elevatissima, più della metà hanno già aderito, il sistema vuol bene alla sua Federazione, che non è mica del Diego, è di tutti».

L’espansione delle società informatiche all’ex Dogana è ancora buona e giusta?
«Phoenix e Ibt hanno pianificato da anni un aumento di spazi, crescono anche altre attività. La crisi non ferma i nostri progetti».

Riportiamo inoltre un’intervista totalmente fantasiosa di Daniele Battistel ad uno dei militanti del Centro sociale Bruno, che, come si legge, virgoletta frasi non dette ed attribuisce affermazioni mai fatte probabilmente per alzare la tensione o mistificare la realtà.

“Se ci cacceranno con la forza resisteremo” di Daniele Battistel.

«Siamo pronti a qualsiasi confronto ma con noi nessuno si è fatto vivo. Di sicuro se proveranno a cacciarci con la forza resisteremo». Rolando Lutterotti è uno dei responsabili del Centro sociale Bruno che da sette anni occupa la vecchia (e abbandonata) Dogana di Trento, a poche decine di metri dalla stazione ferroviaria.
I giornali di ieri al CSA li hanno letti, e non sembrano particolarmente turbati che la pubblica lamentazione di Schelfi possa, alla fine di tutto, dare una improvvisa accelerata alla permuta che cancellerebbe con un colpo di ruspa la loro sede.
«Tra di noi il dibattito sul futuro del Bruno è aperto – racconta -. Dall’altra, però, vediamo un’assoluta mancanza di voglia di discutere con noi da parte della politica. Da oltre tre anni noi chiediamo un incontro con la presidenza della Proivinca. Non ci è mai stata data alcuna risposta».
Cosa potrà succedere, dunque? «Non sappiamo nulla e senza certezza noi non ce ne andiamo». Lutterotti insiste sul fatto che, prima di decidere dell’abbattimento del Bruno, bisogna «avviare una discussione sul piano delle iniziative culturali e a favore della socialità che ci sono in città». «Qui da noi al Bruno c’è l’unico spazio libero e gratuito della città e non può essere soppresso da una presa di posizione politica» continua Lutterotti.
Il Bruno da qualche tempo ha aperto su Facebook la pagina «Il Csa non si tocca». «In una settimana – spiega il portavoce – abbiamo avuto duecento commenti che dicono che il centro non dev’essere chiuso».
Ma cosa succederà se d’improvviso una mattina all’alba arrivassero le ruspe? «Chi avrà preso quella decisione dovrà prendersi la responsabilità del fatto, ma non penso si arriverà a tanto».
Il Csa Bruno, per altro, rifiuta l’idea che l’edificio di via Dogana sia stato occupato abusivamente. «Si tratta di uno spazio non usato a fini personali ed inutilizzato da anni che noi abbiamo recuperato alla città, gratuitamente e con occasioni di servizio per tutti».

Le parole dei militanti sono chiare e limpide e sono sintetizzabili nel comunicato scritto. “Noi continueremo prima e oltre il 30 giugno ad esserci e a fare ciò che abbiamo sempre fatto: parlare con la città, mantenere vivo e aperto il centro sociale. Questa è la nostra forza, questa è la nostra resistenza”.

CENTRO SOCIALE OCCUPATO BRUNO