Riflessioni dopo il flash mob, verso l’otto marzo.
Il 14 febbraio, anche a Padova, tra le molte altre città, si è tenuto il flash-mob planetario “One billion rising”, evento organizzato in più di 200 paesi contro la violenza sulle donne.
La campagna “Un miliardo insorge”, fondata da Eve Ensler, autrice de I monologhi della vagina, attivista e fondatrice del V-Day, ha raccolto un enorme successo e un intenso interesse, nonché delle forti critiche circa la strumentalizzazione politica e di conseguenza mediatica che non poteva sfuggire all’attenzione di chi ha costruito con impegno l’evento dal basso e che ha offeso la sensibilità di molte attiviste che hanno a cuore l’esigenza dell’autodeterminazione femminile e la fondamentale uguaglianza dei diritti, che vanno giustamente e strenuamente difesi.
Ensler si era espressa così: “Un miliardo di donne violate è un’atrocità, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione. Ballare significa libertà del corpo, della mente e dell’anima. È un atto celebrativo di ribellione, in antitesi con le forme oppressive delle costrizioni patriarcali”.
Nel Paese delle contraddizioni c’è stato il bello e c’è stato il marcio. E’ innegabile che la scadenza avrebbe potuto prestare il fianco, così come purtroppo è accaduto, ad un utilizzo di tipo trasversale da parte di soggetti che nulla hanno a che vedere con le lotte delle donne e che anzi ne calpestano i diritti tutti i giorni. Questo è quanto si è verificato ad esempio a Roma, dove a farsi il suo gioco è stata la Rauti, o come in altre città in cui l’iniziativa è stata monopolizzata in chiave chiaramente elettorale da SNOQ ed ulteriori realtà dai palesi interessi poco autentici.
A Padova fortunatamente nessuno ha issato bandiere, qui il movimento è efficacemente partito dal basso, grazie anche alla presenza di moltissime giovani che si sono assunte in prima persona l’organizzazione dell’evento, ma anche alla proposizione sia da parte delle organizzatrici che dalla parte dei/delle partecipanti di ulteriori e qualificati momenti di discussione.
A livello territoriale, quindi, verità vuole che non è stata la cattiva politica a farla da padrone, bensì le persone vere.
Erano circa 500 in Piazza dei Signori, tutte intente ad intervenire con la giusta dose di protagonismo per la causa dell’ iniziativa, decise ad imparare, divertendosi, sull’entusiasta onda emotiva del momento, la sequenza dei passi di danza, che si è ripetuta, a distanza di brevi intervalli, numerose volte. Unita in un foltissimo gruppo eterogeneo, per età e per sesso, la cittadinanza ha conquistato e gremito la piazza, invasa a lungo da sorrisi, musica e colori.
Questa gioia collettiva non è stata di contrasto alla serietà della tematica, ma anzi ha corroborato l’idea, avanzata dalle donne, di essere stanche della definizione di “sesso debole” e della visione deformata e riduttiva della femminilità che si vuole loro imporre.
Nella serata padovana, la genericità dell’evento e la sua essenza simbolica sono state superate dall’ingente presenza giovanile che ha contagiato senza indugio i presenti ad occupare la sede stradale per ore, affermandosi come energia attiva per una battaglia che certamente non è chiusa con le danze della Littizzetto.
I passi per colmare la distanza tra il costituito ed il costituente non possono certamente essere esclusivamente quelli di un ballo: per incidere davvero è necessaria una forza trasformativa che si consolidi all’interno delle dinamiche e dei percorsi di una collettività desiderante e protagonista.
La crisi attuale, rapportata al triste fenomeno del femminicidio, è infatti un altro aspetto della violenza: parliamo dello smantellamento delle politiche del welfare con cui vengono tolti garanzia di reddito e diritti, all’interno di un clima in cui inevitabilmente si deteriorano le relazioni sociali. Nella consapevolezza di trovarci in un cambiamento storico complessivo e profondo, è di grande attualità e fondamentale importanza affrontare, nel tentativo di illuminare un nodo ancora non sciolto per via della sua complessità, tutto quanto riguarda il pensiero e la gestione concreta e sensibile delle questioni di genere.
Al fine di avere un’occasione per continuare a parlarne insieme, e per restituire un significato denso e degno alla giornata dell’8 marzo, vi invitiamo a prendere parte alla serata “Open Live” del CSO Pedro, interamente dedicata alla tematica contemporanea del vissuto delle donne e delle rivendicazioni femminili contestualizzate nella situazione odierna.