Altroconsumo e il biologico
Polemiche sul biologico. Mangiare meno e mangiar sano, la diffusione degli OGM, le multinazionali dell’agroalimentare, la compromissione degli scienziati sono nervi scoperti del vivere quotidiano.
Non è certo una novità che in questi anni, per sostenere l’opportunità dell’introduzione nella produzione e nel consumo alimentare di colture e prodotti OGM e per mascherare i guasti e i rischi per la salute provocati dalla grande distribuzione agroalimentare, oltrechè dall’evidente peggioramento della qualità del cibo in vendita, si sia più volte costruito campagne disinformative nei confronti del biologico e delle produzioni naturali. In fondo, di scienziati compiacenti agli interessi delle multinazionali, in questo caso delle lobbie agroalimentari, è costellato il mondo scientifico mondiale. E, quindi, via con studi atti a dimostrare l’inattendibilità della migliore qualità del cibo biologico rispetto a quello frutto della ricerca OGM o da produzione intensiva. E via con le informazioni sulla impossibilità di convertire la produzione agricola a questi sistemi pena un peggioramento delle condizioni alimentari delle popolazioni più povere e un impoverimento delle scorte per l’alimentazione di tutte le popolazioni del pianeta…e quant’altro ancora.
Spesso sono stati i quotidiani nazionali a dare ampio rilievo a queste “certezze” ma trovare notizie di questo tipo in una rivista come Altroconsumo, voce della maggiore associazione italiana di tutela dei consumatori, suona stonato se non fossimo sufficientemente smaliziati per sapere come siano ramificate e forti le radici degli interessi che presiedono al bussiness agroalimentare delle grandi multinazionali del settore.
Nel numero del 7 settembre 2012 di “Altroconsumo” e in maniera più ridotta in quello di ottobre dello stesso anno, la redazione da ampio spazio ad uno studio sul biologico che affermerebbe: “Gli alimenti biologici non hanno alcun vantaggio nutrizionale né sono più sani”. Questa la conclusione a cui sarebbe giunta, a detta di Altroconsumo (ma anche di autorevoli quotidiani come il New York Times, La Repubblica, La Stampa ecc. che titolano “Crolla il mito del biologico”, “Gli alimenti biologici non sono più sani” ecc.), la Stanford University della California attraverso una ricerca che, dall’analisi di 240 studi pubblicati negli ultimi anni, dimostrerebbe che nessuna vitamina in più, né concentrazione di proteine in più garantirebbero i cibi biologici da quelli tradizionali. La ricerca inoltre dimostrerebbe che i prodotti bio presentano una minore contaminazione ai pesticidi (del 30% rispetto ai cibi tradizionali) e che i microbi presenti in polli e maiali bio risentono meno della resistenza agli antibiotici.La ricerca della Stanford University, pubblicata su “Annuals Internal Medicine”, per la verità, arriva a due sostanziali conclusioni:1) manca una forte evidenza che i prodotti biologici siano significativamente più nutrienti di quelli convenzionali;2) il consumo di prodotti biologici può ridurre l’esposizione a residui di pesticidi e batteri resistenti agli antibiotici.Gli stessi ricercatori premettono che il campione di 240 studi rappresenta un paniere limitato per poter dare conclusioni precise in merito (per di più non si conosce in quali anni sono stati fatti gli studi analizzati).
L’Associazione Biorekk, che ha prontamente risposto sul merito all’articolo pubblicato da Altroconsumo, ritiene che “[…] una meta-analisi sui nutrienti che si concentri sulle proteine, qualche sale e qualche vitamina trascurando i 5.000 composti flavonoidi, gli Omega 3 e gli altri micronutrienti di cui spesso siamo carenti, è quanto meno riduttiva [ricordano anche le conclusioni di altre due recenti mega-analisi consultabili on line di contenuto diverso da questa]” puntualizzando sul fatto che l’articolo di Altroconsumo più che informare correttamente fa una operazione che si presta ad equivoci.Trasformare la mancanza di evidenza della qualità nutrizionale dei prodotti biologici nell’evidenza della mancanza di questa qualità nutrizionale e un esempio oggettivo di disinformazione. Altroconsumo da maggiore rilievo nei due articoli alla prima conclusione a cui è giunta la ricerca mentre da molto meno rilievo alla seconda conclusione, quella certamente più interessante per chi auspica un incremento della produzione e della distribuzione di prodotti bio: l’evidenza di minori livelli di residui di pesticidi e di batteri nei prodotti bio, in particolare nelle urine dei bambini che seguono una dieta biologica.
Altroconsumo arriva a sostenere che siccome la legge vieta la presenza di sostanze pericolose per la salute in tutti i prodotti alimentari in commercio, questo sarebbe sufficiente garanzia per i consumatori per alimentarsi indifferentemente con prodotti bio o con prodotti tradizioni e di derivazione OGM. A fare da discrimine, al massimo, dovrebbe essere il prezzo del prodotto e non la qualità e la sicurezza alimentare: questo dovremmo dedurre da quanto affermato da questa associazione di consumatori. Dimenticando come proprio una indagine pubblicata nell’ottobre del 2011 relativa alle mense scolastiche abbia riscontrato residui di Diclorvos – pesticida vietato in tutta Europa – in 2 mese di Genova. Cari “difensori” dei consumatori italiani, non averemo forse nei prodotti bio più vitamina C che in prodotti tradizionali ma certamente meno o nessun anticrittogamico, insetticida, OGM, antibiotico, addittivo tossico ecc. E questo non è un dato su cui sorvolare!Sarebbe meglio, ad esempio, che Altroconsumo desse più spazio alle conclusione dello studio francese sugli OGM pubblicato da “Food and Chemical Toxicology” di cui, invece, da notizia AIAB nel suo sito. Lo studio, se ancora ce ne fosse bisogno, dimostra come gli OGM non sono solo una grave minaccia per la biodiversità e le produzioni di qualità ma anche per la salute animale. Sarebbe meglio che Altroconsumo desse risalto al dato che emerge dal rapporto 2011 del SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) e dal 6° censimento agricolo dell’ISTAT che dimostrano come, a fronte dell’attuale crisi economica e finanziaria, il settore biologico tiene (44.000 aziende agricole pari al 2,7% del totale nazionale; 782.000 ettari destinati alla coltivazione bio di cui il 71% al sud, più del 6% di Superfice Agricola Utilizzabile [SAU] nazionale) e, soprattutto, incrementa il mercato della vendita di prodotti bio, a dimostrazione che la scelta per un cibo sano rappresenta una opzione a cui i consumatori (categoria cara a Altroconsumo) tengono nonostante l’impoverimento dei redditi. Perché nella scelta bio vi è una dimensione etica ma anche il portato di una consapevolezza, più o meno profonda ma diffusa, che la produzione agroalimentare intensiva, a base di pesticidi, anticrittogamici, antibiotici e metabolizzanti, OGM rappresenta un rischio sempre più forte per la propria salute oltrechè per le sorti dei suoli e delle biodiversità del nostro Pianeta.
E’ proprio questa consapevolezza che ha bloccato o quanto meno reso inefficaci in questi anni le ripetute campagne e i tanti tentativi messi in atto per introdurre gli OGM nelle nostre produzioni agricole.
Info:l’articolo di Altroconsumo del 12 settembre 2012 sopra accennato è reperibile all’indirizzo:
http://www.altroconsumo.it/alimentazione/prodotti-alimentari/news/mangiare-bio-non-fa-la-differenzale ricerche ricordate da Biorekk
in alternativa a quella riportata da Altroconsumo, così come il testo della risposta di questa Associazione sono reperibili all’indirizzo:
http://www.biorekk.org/Biorekk/iniziative/Risposta_ad_Altroconsumo.phpi dati sul biologico e il rapporto SINAB
sono reperibili agli indirizzi:
http://www.aiab.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1577:dati-istat&catid=75:comunicati-stampa&Itemid=33http://www.sinab.it/share/img_lib_files/1966_bio-in-cifre-2011-pubblicazione.pdf19
ottobre 2012