Annullato l’appuntamento da parte degli Usa per timori di contestazioni. La manifestazione del 4 maggio del Presidio No Dal Molin non viene annullata ma si trasforma in appuntamento cittadino, invitando le realtà che in tutta Italia avevano aderito alla manifestazione a essere invece presenti in estate quando l’esercito statunitense vorrà inaugurare ufficialmente la nuova base.
La scelta dei militari Usa di annullare l’appuntamento del 4 maggio, l’Open Day rivolto ai vicentini, è la conferma che questa è una città tutt’altro che pacificata e ridotta alla rassegnazione, a differenza di quello che i generali americani continuano a sostenere. Viene evocato il rischio violenza da chi, in giro per il mondo, produce guerre e distruzioni, da chi ha imposto con arroganza questa base di morte ad un territorio e ad una comunità, da chi ha calpestato la democrazia, contorcendola a proprio uso e consumo, da chi non ha avuto scrupolo nel devastare l’ambiente, nel mettere a rischio le falde acquifere. Questa è la vera violenza che si è consumata fino ad oggi contro migliaia di donne e uomini che, con forza e dignità, si sono battuti contro la base al Dal Molin.
Vogliamo pubblicamente ringraziare tutti coloro che, da tutta Italia, avevano già deciso di essere quel giorno al nostro fianco, nella mobilitazione contro la base. Associazioni, gruppi, centri sociali, singoli cittadini che, ancora una volta, hanno dimostrato quanto sia forte e potente la solidarietà e la capacità di affrontare collettivamente le sfide che troviamo lungo i nostri percorsi.
Gli americani hanno sbagliato completamente i loro calcoli. Pensavano ad una comunità ridotta al silenzio, inerte, incapace di mobilitarsi. Nella loro arroganza non hanno tenuto conto di ciò che invece è successo in questa città, dalle oceaniche manifestazioni alle mobilitazioni degli ultimi mesi.
Hanno dimenticato di essere stati costretti alla retromarcia nei loro progetti sulla base Pluto, hanno dimenticato le incursioni, i tagli delle reti, i blocchi e le contestazioni. Non erano marziani quelli che, rischiando personalmente, hanno messo in crisi i loro apparati di sicurezza. Erano cittadini, uomini e donne che non hanno rinunciato a lottare contro la guerra e i suoi strumenti di morte.
Quegli stessi cittadini che, già da tempo, li avevano costretti a modificare radicalmente i loro progetti sul Dal Molin, strappando alla militarizzazione gran parte di quell’area che, in un primo momento, doveva essere interamente occupata dalla base. Solo grazie alla mobilitazione generosa e straordinaria di migliaia di donne e uomini ha impedito che venisse fatto un nuovo aeroporto militare a servizio dell’esercito Usa, riducendo quella base ad una inutile cattedrale nel deserto. Quell’area conquistata, che oggi diventa uno spazio verde per la città, così come avevamo già evocato nel settembre del 2007, durante il primo festival NoDalMolin, con la posa degli alberi in quello che fin da allora ribattezzammo Parco della Pace. Un’area di migliaia di metri quadri, prima inaccessibile ai cittadini di Vicenza, che è stata letteralmente strappata all’ingordigia dell’esercito Usa e ai cementificatori nostrani. Un Parco della Pace che non è però sinonimo di pacificazione, anzi. A ricordarci di quanto sia costato è il fatto che, proprio in questi giorni, decine di vicentini, di attivisti del Presidio No Dal Molin, stanno ricevendo i rinvii a giudizio per l’occupazione del parco del 25 aprile di tre anni fa.
Per l’ennesima volta si tenta di piegare un enorme problema politico a semplice questione di ordine pubblico, cercando di intimorire chi ha lottato (e continua a farlo) contro la guerra e l’arroganza. Così come si è tentato di farlo con il processo nei confronti di decine di attivisti che occuparono la prefettura il 16 gennaio 2008 e che, guarda caso, vedrà il suo epilogo il 3 maggio, un giorno prima dell’appuntamento ormai annullato dall’esercito statunitense.
La lotta che abbiamo fatto alla luce del sole e su cui lo stato vuole ancora una volta imbastire un processo, ci consegna invece un dato materiale, la conquista del Parco, e una suggestione potente, che per noi diventa una bussola nel nostro percorso di mobilitazione permanente contro le basi. Le lotte, le mobilitazioni, quando sono capaci di allargarsi, di radicarsi, diventano vincenti, e questa in particolare ci indica una direzione ben precisa, che noi vogliamo intraprendere con forza e convinzione, verso la completa riconversione ad usi civili delle installazioni militari. Un obbiettivo reale, concreto e praticabile.
Il pensiero di una città che non sia costretta ad ospitare il Dal Molin, la Ederle, la Pluto e tutte le altre strutture militari disseminate dappertutto, è una molla straordinaria, che ci carica di entusiasmo e di determinazione.
Sicuramente siamo soddisfatti che la farsa del 4 maggio sia stata annullata, ma ovviamente questo non ci basta, non ci appaga. Il lungo cammino dell’indignazione e della dignità, sostenuto dalla solidarietà attiva di tante e tanti amici sparsi in tutta Italia, non si ferma certo adesso. Un appuntamento è stato cancellato perché si è capito che la città non ha cancellato la propria storia, e migliaia di donne e uomini erano pronti a portare la propria contrarietà alla guerra fin dentro le loro basi.
Quel giorno non staremo nelle nostre case. Abbiamo deciso di trasformare l’appuntamento del 4 maggio in una iniziativa cittadina, e invitiamo tutte e tutti le/i vicentine/i a manifestare con noi, con le forme che decideremo collettivamente martedì prossimo all’assemblea del Presidio No Dal Molin, perché il percorso non si interrompe, perché la nostra indignazione non si placa.
In estate gli statunitensi vogliono inaugurare ufficialmente il Dal Molin con fanfare e ospiti proni e devoti.
A tutti coloro che, da tutta Italia, avevano già programmato di essere a Vicenza il prossimo 4 maggio, chiediamo di continuare a stare al nostro fianco contro questa ennesima provocazione che l’esercito Usa vuole progettare contro la città. I generali a stelle e strisce sappiano fin d’ora che fuori da quelle mura, quel giorno, saremo in migliaia a contestare quella parata, ennesimo affronto a questa città e a chi vi abita.
Presidio No DalMolin
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