giovedì 23 novembre, ore 20.30
Nel percorso che unə migrantə intraprende, affronta situazioni in cui è in forte vulnerabilità, solo per il fatto di essere in movimento senza il “giusto” documento, il “giusto” colore della pelle, il “giusto” quantitativo di denaro. Ma la condizione di migrante non si sostituisce alle condizioni di oppressione che una persona già vive, come quella di essere donna o soggettività non binaria in un sistema patriarcale, anzi, i livelli di oppressione si intersecano e si rafforzano. Per queste soggettività, esistenza significa resistenza, quotidianamente.
Ecco perché nella settimana che precede il corteo di sabato 25 novembre contro la violenza di genere, vogliamo prenderci il tempo per riflettere su alcune domande: cosa può comportare per donne e persone LGBTQIA+ affrontare la rotta mediterranea? Quali sono le prospettive, lavorative e sociali, per unə migrantə che arriva in Italia, in particolare in Veneto? Cosa comporta, invece, la migrazione per le madri e le sorelle che rimangono al paese d’origine mentre padri e fratelli partono? E per lə migrantə bloccate nei paesi di transito?
Ne parleremo giovedì 23 novembre alle ore 20:30 con:
SILVIA DI MEO, attivista di Mem.Med, organizzazione che si occupa di monitorare le violenze di frontiera e di costruire una memoria collettiva su quanto accade tra le due sponde del Mediterraneo, e del progetto Free Femmes, collettivo di donne che in Tunisia ha dato vita ad una sartoria sociale;
YASMINE ACCARDO, attivista di Mem.Med e di Campagna LasciateCIEntrare, mobilitazione civile e politica per affermare il diritto di poter sapere, conoscere e informare sulle condizioni di migliaia di migrantə rinchiusə nei CPR;
MARYURI GONZALEZ, sindacalista di ADL Cobas. Sociologa e a sua volta donna immigrata in Italia, segue in particolare l’esperienza delle donne migranti lavoratrici del settore delle pulizie e lavoro domestico nel padovano.
Cercheremo assieme a loro di ripercorrere, tra oppressioni e resistenze, la rotta che dal Mediterraneo porta a lavorare nel ricco nord-est, fino ad essere detenute nei CPR.