La scalata di Fassino e Pisapia all’Edipower fa nascere la più grande multiutility italiana. Anche la romana Acea e l’emiliana Hera sono pronte a entrare. Mentre i comuni tagliano il welfare, impegnano milioni in scalate finanziare. Inseguendo il businnes dell’incenerimento dei rifiuti
Ventisette milioni di italiani si sono espressi, attraverso il referendum dello scorso giugno, sul tema dei servizi pubblici. Non solo in merito alla paventata privatizzazione dell’acqua, ma su tutta la sfera dei servizi alla persona. Tema che interessa molto le politiche di indirizzo che gli enti locali mettono in atto attraverso le cosiddette “aziende partecipate”. Nelle ultime settimane è andata in porto una significativa operazione finanziaria che ha visto come protagonisti le principali multitutility italiane. Sono quelle aziende, “partecipate” appunto, che vedono i Comuni ed i privati soci nella gestione del gas, dei rifiuti, dell’acqua. L’operazione in questione è l’acquisto del colosso Edipower da parte di una cordata di multitutility italiane che ha gettato le basi per la costruzione “del primo soggetto italiano per lo smaltimento dei rifiuti ed al terzo a livello Europeo”, come ha dichiara il sindaco di Torino Piero Fassino. Proprio mentre i tagli del governo Monti colpiscono principalmente gli enti locali, alcuni Comuni italiani, come quelli di Torino e Milano, decidono di investire ingenti risorse nella scalata ad Edipower, dimenticando così i tagli al welfare ed ai servizi pubblici. Ma andiamo con ordine per seguire passo per passo una vicenda che traccia le linee di investimento su cui i Comuni del Nord Italia sembrano muoversi.
La scalata. Tutto comincia con la necessità dei francesi di Edf di risolvere i problemi debitori di Edipower, azienda che si occupa di approvvigionamento e trasporto di gas e produzione di energia elettrica. Il 27 dicembre scorso, Edf dichiara di voler cedere le quote di Edipower, azienda di proprietà della Edison al 50 per cento. La Edison a sua volta era posseduta al 62 per cento dai francesi di Transalpina Energia, che a sua volta è controllata per metà dalla francese Edf e per il restante 50 per cento da una finanziaria italiana, Delmi, che unisce alcune importanti multiutility: tra queste la A2a, azienda lombarda il cui cda è controllato anche dal Comune di Milano e la Iren, società municipalizzata che vede la partecipazione dei comuni di Torino e Genova grazie alla fusione della piemontese Aem e della ligure Amga. Il restante 50 per cento di Edipower era proprio nelle stesse mani dei soci italiani di Delmi: precisamente il 20 per cento di A2a, 10 per cento di Iren, ed un restante 20 della finanziaria svizzera Alpiq, a sua volta controllata da Edf per il 25 per cento. Un magma di numeri, che è stato il terreno di scontro tra le aziende municipali italiane e uno tra i colossi europei dell’energia.
In buona sostanza la Edf francese e la cordata italiana organizzata in Delmi, con A2a e Iren a fare da capofila, si sono scambiati in una lunga trattativa conclusasi solo agli inizi di febbraio, le quote delle società. Un riassetto che lascia Edison completamente nelle mani dei francesi e la Edipower interamente nelle mani degli italiani di Delmi, che vede oltre ad A2a e la Iren anche la municipalizzata di Parma, Enia, e l’altoatesina Sel. Un’operazione ambiziosa, resa possibile anche dal supporto di alcuni gruppi bancari, che sono entrati anche nel capitale azionario di Delmi: Mediobanca, Cassa di Risparmio di Torino e Banca Popolare di Milano. La quota di maggioranza della nuova Edipower è di A2A che ne detiene da sola il 56 per cento.
L’italianizzazione della Edipower non è avvenuta gratis: i debiti dell’azienda, pari a 1,1 miliardi di euro, che gravavano prima sulle spalle di Edison e quindi dei francesi di Edf, sono stati appianati dall’aumento di capitale dei soci italiani. Cioè da aziende che vedono la partecipazione diretta e maggioritaria dei Comuni. I debiti della Edipower, cioè, sono stati pagati attraverso risorse pubbliche, che potevano essere investite in altro modo. Magari in politiche di welfare municipale, per calmierare gli effetti della crisi.
L’espansione. L’operazione è stata complessa, ha occupato settimane di trattative ed è stata rallentata sopratutto dall’iniziale scetticismo da parte di Iren, che non voleva lasciare a secco il suo conto per rimpinguare quello di Edipower. Sembra che siano stati decisivi, come riporta il Sole 24 Ore, gli interventi del sindaco di Torino Piero Fassino e dell’Assessore al Bilancio del Comune di Milano Bruno Tabacci. Interventi decisi, volti a convincere i consigli di amministrazione di Iren (Torino) e A2a (Milano) a dare il via libera all’ambiziosa operazione. Il colosso nato dalle multitutility del Nord, è destinato ad espandersi. Un altro grande attore del mondo delle multitutility italiane, la romana Acea, non è stata certo a guardare. Mentre i soci del Nord si attrezzavano con Delmi per comprare Edipower, i romani hanno fatto di tutto per essere della partita. Acea infatti ha recentemente acquistato quote di Sel, la municipalizzata altoatesina, che attraverso Delmi ha acquistato Edipower. Nuovo direttore generale di Acea, dal 1 febbraio del 2011, è Paolo Gallo che era ex amministratore delegato proprio di Edipower. Gallo quindi conosce bene il potenziale di Edipower, ma soprattutto conosce bene l’immenso potenziale che questa operazione nasconde. Della vicenda, inoltre, si sta interessando anche la municipalizzata dell’Emilia Romagna, Hera, che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nella regione “rossa”, grazie a numerosi impianti di incenerimento. Nella nuova holding Fassino punta ad inserire anche l’Amiat che si occupa dello smaltimento della spazzatura nel capoluogo piemontese.
Ma dove porta l’operazione Edipower? L’hanno spiegato bene al recente meeting dell’Associazione dei comuni sulle Smart cities, il Sindaco di Reggio Emilia, Graziano Del Rio, presidente dell’Anci, il Sindaco di Torino, Piero Fassino e l’Assessore al bilancio del Comune di Milano, Bruno Tabacci: mettere insieme le competenze e gli impianti di Hera, Iren e A2A attraverso la costruzione di una super holding che, a partire da Edipower, si apra alle altre municipalizzate. Tutto su un’asse Torino-Milano che si apre alla democratica Emilia Romagna e strizza l’occhio a Roma. Le principali multitutility italiane stanno costruendo, attraverso l’acquisto di Edipower, un vero e proprio cartello che si pone sul mercato come punto di riferimento principale per la gestione del gas, dell’energia elettrica ma soprattutto per lo smaltimento dei rifiuti. Nel nuovo asset di Edipower la parte del leone la giocano Iren ed A2A. Il socio piemontese, il cui amministratore delegato Roberto Garbati è espressione del sindaco di Torino Piero Fassino, si occupa della gestione del gas nella città di Torino e di Genova. La lombarda A2A, il cui socio di maggioranza è il Comune di Milano governato da Giuliano Pisapia, invece, è leader nel settore degli inceneritori. Gestisce quello di Brescia e quello di Acerra in Campania. Se nella partita entrasse anche Hera, ci troveremmo dinanzi al più importante gruppo italiano nel settore della monnezza. Con un business tutto incentrato sull’incenerimento.
Finanza e welfare. Mentre i tagli agli enti locali colpiscono pesantemente il welfare, i servizi alla persona ed i trasporti, i Comuni di Milano e di Torino si mettono in affari per compiere scalate finanziarie. Dandosi come settore di investimento l’incenerimento dei rifiuti, procedimento dannoso per la salute e per l’ambiente a causa delle emissioni di diossine e nanoparticelle. Chissà cosa pensano i sindaci di Milano e Torino dell’articolo 25 del decreto Crescitalia di Monti, che impone entro il 2015 la libera concorrenza nei servizi pubblici. L’ingresso di soci privati e la perdita di preminenza del pubblico sui servizi territoriali interessano queste amministrazioni non nell’ottica di una insopportabile sottrazione al pubblico in vantaggio del privato, ma come occasione di espansione degli affari delle multitutility. Il contrario di quanto affermato col referendum dello scorso giugno. In quei giorni Fassino e Pisapia erano sindaci da poco più di qualche settimana. Il primo cittadino di Milano festeggiava per la vittoria dei referendum. Pochi mesi dopo, l’operazione Edipower sembra essere il paradigma delle contraddizioni del centrosinistra. Divisa tra operazioni finanziarie “di sistema” e il suo “popolo” che chiede servizi più vicini ai cittadini. Non a caso l’intera operazione, dall’acquisizione di Edipower al progetto della nuova super holding della monnezza, è stata benedetta dal ministro Corrado Passera, già in passato punto di riferimento delle multitutility, tra i principali sponsor creditizi delle grandi opere come la Tav e gli inceneritori.
di Antonio Musella (articolo pubblicato su Left)