Oggi, venerdì 12 dicembre, è stato proclamato da Cgil e Uil uno sciopero generale.
Quello che ci è apparso subito evidente, però, è che questo sciopero, per come è inteso dai sindacati confederali, non si pone all’altezza dei problemi che la situazione attuale di crisi ci mette di fronte.
Più che per lottare contro la continua cancellazione di diritti, attuata ad esempio attraverso il Jobs Act, ci sembra infatti che esso serva a Cgil e Uil per rivendicare un posto al tavolo della concertazione, che il governo Renzi invece gli sta negando.
Ma non è certo questo quello di cui abbiamo bisogno.
Quello che serve, sia sul piano nazionale che europeo, è infatti una vera lotta contro la precarietà, intesa non solo in ambito lavorativo, ma come condizione più generale che colpisce l’intera vita delle persone.
Ma per far questo serve un radicale cambiamento di modello, che porti al riconoscimento di un reddito minimo garantito, ad investimenti in welfare, sanità, ricerca, cultura ed istruzione, alla tutela e alla preservazione di ambiente e territorio.
Conosciamo già l’obiezione che ci viene posta a queste rivendicazioni: non ci sono i soldi per farlo.
Ma non è vero. Certo, finché vengono destinati miliardi di euro a faraoniche quanto inutili grandi opere, oppure al salvataggio di istituti bancari e finanziari (che sono stati, fra l’altro, tra le cause della crisi che stiamo vivendo), o ancora ad investimenti in spese militari, le risorse non ci sono, e non ci saranno mai.
Ma è proprio questo che stiamo chiedendo. Una totale inversione di rotta, una grande opera di redistribuzione della ricchezza, che faccia in modo che le risorse non finiscano nelle tasche di pochi soliti noti, ma abbiano invece come priorità quella di garantire a tutti reddito, diritti e dignità.
E’ proprio per questo che oggi, anche nel nostro territorio, abbiamo voluto evidenziare una delle tante contraddizioni inaccettabili che abbiamo davanti a noi.
L’emergenza abitativa sta divenendo sempre più esplosiva, con oltre 6000 provvedimenti di sfratto emessi e più di 15000 richieste di esecuzione in Veneto nel solo anno 2013, numeri che sono triplicati rispetto a due anni prima, e che nel 2014 sono quasi raddoppiati.
Ma a fronte di tutto questo esiste un ampio patrimonio di immobili sfitti, o abbandonati all’incuria e al degrado, e si continuano anche a costruire nuovi stabili, con una ulteriore cementificazione, che va a pesare sul già grave dissesto idrogeologico del territorio.
Tramite la segnalazione di una porzione di immobili in disuso abbiamo perciò voluto far risaltare tutto ciò, e ribadire a gran voce che è necessaria una radicale inversione di tendenza, che venga attuata attraverso il blocco di nuove concessioni edilizie, il blocco degli sfratti, il blocco delle alienazioni del patrimonio pubblico, l’assegnazione di quest’ultimo a famiglie in difficoltà (anche attraverso dei progetti di recupero e autorecupero che coinvolgano associazioni e altri soggetti), e dei piani di acquisizione di immobili invenduti o sfitti.