La manifestazione per la Palestina di ieri sabato 2 marzo a Schio è stata lanciata da Altovicentino per la Palestina, un percorso che da novembre scorso si è costituito in numerose assemblee pubbliche, tra Schio e Thiene, aperte a chiunque riconosca l’orrore in corso a Gaza e senta l’urgenza di mobilitarsi in merito.
Questo percorso ha già portato all’organizzazione di varie iniziative: raccolte fondi per la Palestina, volantinaggio di sensibilizzazione e boicottaggio, incontri di approfondimento e dibattito, manifestazioni.

Il corteo di ieri è stato lanciato con delle parole d’ordine ben chiare e schierate“Stop al genocidio, per una Palestina libera dall’occupazione” – frutto di una discussione pubblica, che prova ad interpretare la tragicità della situazione attuale con uno sguardo complessivo, consapevole della storia della storia dell’occupazione israeliana e della complicità dei governi occidentali.
Ieri, sabato 2 marzo, al nostro appello hanno risposto oltre 500 persone da tutta la provincia, delle più svariate nazionalità ed età. Sono venute sotto la pioggia a Schio, una città di provincia, come successo anche il 23 dicembre scorso, sempre per la Palestina. Non siamo a conoscenza di un fenomeno simile in altre province d’Italia: alla lenta morte delle province in questo paese stiamo provando a dare un segnale forte e dal basso.

Siamo spettatori e spettatrici da ormai 5 mesi di un massacro senza precedenti da parte di Israele nei confronti della popolazione palestinese. Oltre 30.000 morti, di cui la maggior parte donne e bambinə, più 1.5 milioni di persone sfollate che ora rischiano di morire di fame e di sete, mentre l’esercito israeliano prepara l’attacco finale a Rafah. Nonostante milioni di persone in Italia e in tutto il mondo si siano mobilitate, dalle nostre istituzioni non è ancora arrivata nessuna azione concreta. Anzi, sono stati bloccati i finanziamenti all’UNRWA, sono stati messi veti al “cessate il fuoco”, sono aumentati i versamenti ai fondi israeliani: si investe, ancora una volta, sulla morte.

Lo fa tra le altre Banca Intesa San Paolo, che devolve oltre il 50% dei suoi finanziamenti all’industria bellica. Depositando delle macerie e sporcando con della tempera rossa lavabile l’entrata della filiale di Schio abbiamo voluto segnalare che la guerra parte anche da qui, dall’economia di morte che investe sulle armi e sostiene direttamente l’occupazione sionista e quindi il genocidio. Un gesto simbolico che voleva rappresentare la distruzione e il dolore che ogni giorno la Palestina vive, ma anche puntare il dito verso chi – dal mondo del business alla politica – ha le mani sporche di sangue.
Nessun danno è stato arrecato, nessun atto vandalico. I commenti di sdegno dei politici locali stridono di fronte al loro silenzio assordante in questi 5 mesi di genocidio. Abbiamo voluto rappresentare un piccolo frammento dell’orrore di Gaza nel “salotto buono” della città. Se questo piccolo gesto è bastato per generare tanto sdegno, cosa direste se le vostre case fossero ridotte in macerie? Se le vostre famiglie e i vostri cari fossero uccisi dalle bombe e dai cecchini, anche all’interno degli ospedali? I morti a Gaza sono ormai tanti quanti l’intera popolazione di Schio. Ieri in piazza con noi c’era anche chi a Gaza ha, o aveva, parenti e amici, chi vive da 5 mesi con l’angoscia giorno e notte di non poter più sentire la voce di qualcuno che ama. Noi siamo e saremo al loro fianco. Chiediamo che Intesa San Paolo così come ogni altra azienda che collabora e finanzia Israele ponga fine alla sua complicità con il genocidio.

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