L’appello degli accademici italiani
«La Terra non si governa con l’economia. Le leggi di natura prevalgono sulle leggi dell’uomo»
Per evitare il collasso della civiltà umana globale dobbiamo ridefinire le nostre priorità
[ 8 febbraio 2013 ]
Sulla prestigiosa rivista scientifica dei “Proceedings of the Royal Society” – la rivista della grande e storica Accademia scientifica britannica, la Royal Society fondata nel 1660 – i due grandi ecologi dell’università di Stanford, Paul e Anne Ehrlich, hanno pubblicato un paper molto interessante dal titolo Can a collapse of global civilization be avoided? (Può essere evitato il collasso della civiltà umana globale?). Questo è ormai il grande tema sul quale tantissimi scienziati che studiano gli effetti dei cambiamenti globali indotti dall’intervento umano sui sistemi naturali del pianeta si stanno interrogando.
I coniugi Ehrlich fanno presente che i problemi ambientali causati dalle relazioni natura-specie umana hanno contribuito a numerosi episodi di collasso di civiltà umane del passato. Ciò che si sta oggi configurando è invece la possibilità di un collasso globale della nostra civiltà globale, che soffre di un mix di sovrapopolazione, sovra consumo e sovra sfruttamento degli ambienti e delle risorse naturali dell’intero pianeta. I dati che la comunità scientifica ha raccolto sul complesso delle situazioni critiche dei sistemi naturali rispetto ai temi dell’energia, dei flussi di materia, del cibo, delle risorse idriche, della biodiversità ecc. sono ormai estremamente preoccupanti.
L’instancabile Paul Ehrlich ha quindi, negli ultimi anni, attivato un’importante iniziativa scientifica internazionale per sviluppare la “foresight intelligence”, la capacità di un’intelligenza previdente, definita Millennium Alliance for Humanity and the Biosphere.
Sulla stessa linea il grande ambientalista Lester Brown nel suo volume “Piano B 4.0”, che non a caso ha come sottotitoloMobilitarsi per salvare la civiltà (da me curato per l’edizione italiana, pubblicata da Edizioni Ambiente nel 2010), scrive : «La situazione in cui ci troviamo ci spinge tra l’altro a definire un nuovo concetto di sicurezza per il ventunesimo secolo. Il tempo in cui le forze militari costituivano la minaccia primaria per la sicurezza è cosa passata, le vere minacce sono ora rappresentate dall’instabilità del clima, dal diffondersi della carenza d’acqua, dalla continua crescita della popolazione, dalla diffusione della fame e dal fallimento degli stati. La sfida consiste ora nel definire nuove priorità che corrispondano a queste nuove minacce per la sicurezza.
Ci troviamo di fronte a questioni dalla complessità quasi schiacciante e di un’urgenza senza precedenti. Siamo nel mezzo di una competizione fra punti di non ritorno naturali e politici, ma non sappiamo esattamente quali siano i punti di non ritorno della natura, poiché è essa stessa a stabilirli. La natura tiene il tempo, ma noi non possiamo vedere l’orologio. L’idea che la nostra civiltà sia prossima alla fine se continuiamo su questa strada non è un concetto facile da afferrare o da accettare. È difficile immaginare qualcosa di cui non abbiamo mai avuto esperienza. Abbiamo a malapena il vocabolario, e di certo non l’esperienza, per discutere di questa prospettiva. Dato che il mondo è sospinto verso il limite dalla distruzione dei sistemi di supporto naturali dell’economia e dallo sconvolgimento del sistema climatico, queste sono le tendenze che devono essere invertite.
Questo processo richiede misure straordinariamente impegnative e un rapido allontanamento dalla strada sulla quale ci siamo incamminati [….] Una cosa è certa – stiamo affrontando il cambiamento più grande con cui qualsiasi generazione della storia si sia mai dovuta misurare. Quello che non è chiaro è quale sarà l’origine di questo cambiamento: continueremo sulla vecchia strada del business as usual entrando in una fase di declino economico e di caos diffuso, o saremo in grado di ridistribuire rapidamente le priorità, muovendoci alla velocità dei tempi di guerra per spingere il mondo verso un cammino economico che possa veramente sostenere la nostra civiltà?».
Lo spirito delle analisi di Paul ed Anne Ehrlich e di Lester Brown è quello che ha sempre animato questa rubrica che, puntualmente, ha riportato e riporta gli avanzamenti delle ricerche sui cambiamenti globali nonché i ragionamenti e le riflessioni dei grandi think tank internazionali che da decenni si occupano di questi problemi, come il Club di Roma, l’Earth Policy Institute, il Worldwatch Institute, il Wuppertal Institut, il Sustainable Europe Research Institute, ecc.
Questi concetti sono stati recentemente riassunti da un appello che alcuni studiosi italiani hanno voluto proporre, in un momento significativo come quello delle elezioni politiche nel nostro Paese, per ricordare alcune questioni basilari che derivano dalla migliore conoscenze scientifica sin qui acquisita proprio dalle ricerche sul cambiamento globale.
Il titolo dell’appello La Terra non si governa con l’economia. Le leggi di natura prevalgono sulle leggi dell’uomo (lo si trova sul sito della Società Italiana di Meteorologia, presieduta dal noto climatologo Luca Mercalli, che è anche uno dei promotori dell’iniziativa). Credo sia molto utile riportare il contenuto dell’appello, in quanto ciò che sintetizza dovrebbe costituire ormai un patrimonio culturale comune di tutta la classe politica, economica e dell’informazione del nostro paese.
Il testo dell’appello ci ricorda che la crisi economica iniziata nel 2008 sottende molti altri segnali di fragilità connessi con numerose altre problematiche quali:
– l’esaurimento delle risorse petrolifere e minerarie di facile estrazione
– il riscaldamento globale, eventi climatici estremi
– la pressione insostenibile sulle risorse naturali, foreste, suolo coltivabile, pesca oceanica
– l’instabilità della produzione alimentare globale
– l’aumento popolazione (oggi 7 miliardi e più di 9 nel 2050)
– la perdita di biodiversità e i processi di desertificazione
– la distruzione di suolo fertile
– l’aumento del livello oceanico e l’acidificazione delle acque
– gli squilibri nel ciclo dell’azoto e del fosforo
– l’accumulo di rifiuti tossici e l’inquinamento persistente dell’aria, delle acque e dei suoli con conseguenze sanitarie per l’uomo e le altre specie viventi
– le difficoltà di approvvigionamento di acqua potabile in molte regioni del mondo
L’appello continua con un testo breve ma molto chiaro ed esplicito: «La comunità scientifica internazionale negli ultimi vent’anni ha compiuto enormi progressi nell’analizzare questi elementi. Milioni di articoli rigorosi (basta una semplice ricerca web di articoli scientifici sul tema Global Change), avallati da accademie scientifiche internazionali – una su tutte l’International Council for Science – nonché numerosi programmi di ricerca nazionali e internazionali, mostrano la criticità della situazione globale e l’urgente necessità di un cambio di paradigma.
Il dominio culturale delle vecchie idee della crescita economica materiale, dell’aumento del Prodotto interno lordo delle nazioni, della competitività e dell’accrescimento dei consumi, persiste nei programmi dei governi come unica via d’uscita di questa crisi epocale. Queste strade sono irrealizzabili a causa dei limiti fisici planetari. Una regola di natura vuole che ad ogni crescita corrisponda una decrescita. La crescita economica, con i paradigmi attuali, segna la decrescita della naturalità del pianeta. I costi economici di queste scelte sono immani e le risorse finanziarie degli stati sono insufficienti a sostenerli.
L’analisi dei problemi inerenti alla realtà fisica del mondo viene continuamente rimossa o minimizzata, rendendo vano l’enorme accumulo di sapere scientifico che potrebbe contribuire alla soluzione di problemi tuttavia sempre più complessi e irreversibili al trascorrere del tempo. Chiediamo pertanto al mondo dell’informazione di rompere la cortina di indifferenza che impedisce un approfondito dibattito sulla più grande sfida della storia dell’Umanità: la sostenibilità ambientale, estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni e ad oggi assente dalla campagna elettorale in corso.
Non si dia per scontato che il pensiero unico degli economisti ortodossi sia corretto per definizione. Si apra un confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla Terra – i flussi di energia e di materia – e non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una sovrastruttura culturale dell’Umanità ormai completamente disconnessa dalla realtà fisico-chimica-biologica.
E’ quest’ultimo complesso di leggi naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di anni: non è disponibile a negoziati e non attende le lente decisioni umane». L’augurio vivissimo è che queste riflessioni facciano finalmente comprendere al mondo politico – economico le vere priorità per il nostro immediato futuro.