Cementifici e spazzatura: parola al prossimo Parlamento. Cos’è “Legge Zero Rifiuti”?

Siamo in settimane dense di storicità, tra chi si dimette anacronisticamente e chi è pronto a proporsi come salvatore dello Stivale. Poco interessanti per le pagine di storia, ma decisive per le vite umane, la quotidianità di decreti legge che mutano la vivibilità del Paese. Nelle scorse settimane vi abbiamo scritto di un decreto legge,  passato al passo d’addio dei tecnici, che potrebbe rendere protagonisti i cementifici italiani, oltre che dei danni già prodotti al territorio, dello smaltimento dei rifiuti. Affinché i membri della Commissione Ambiente del Parlamento fossero sensibilizzati, sono stati contattati, con un modello pre-formato, via e-mail, da tanti e forse decisivi liberi cittadini, volenterosi di bloccare sul nascere questa possibilità.  Lunedì 11 Febbraio il decreto è stato bloccato dalla Commissione, che dunque ha negato la possibilità ai cementifici di incenerire rifiuti, anche se, più che una bocciatura, è stato solo un rinvio. Infatti il decreto dovrà essere discusso e vagliato dal Parlamento che si insedierà dopo le elezioni del prossimo 24 e 25 Febbraio. Dall’incapacità o dalla netta volontà di distanza di chi detiene il potere decisionale è sempre più scontata la nascita di una rivalsa popolare, fatta di proposte e scenari legislativi alternativi. È così partita la campagna nazionale “Legge Zero Rifiuti”. Incontriamo Massimo Piras, di No Waste Lazio, per capire cosa quest’iniziativa popolare proponga e per porre anche una lente d’ingrandimento sugli scenari dei cementifici in supporto degli inceneritori.

Cosa propone la campagna “Legge Zero Rifiuti”?

<<L’iniziativa è partita lo scorso Giugno, dopo un lungo periodo di elaborazione. Ci prefiggiamo un sentiero nuovo in Italia, che possa raccogliere la risoluzione europea del 24 Maggio, che ben pochi conoscono, ma che in pratica pone fine, entro il 2020, a tutte le discariche ed inceneritori.  Questa risoluzione è stata votata dal Parlamento Europeo, quindi anche dall’Italia. Tutto ciò è il primo passo per il settimo piano d’azione proposto dalla Comunità Europea, che fisserà le nuove linee di raccolta e riciclo, perché la prospettiva futura è proprio indirizzata verso il recupero di materia, che sostituirà quello di energia, divenuto secondario. In Italia siamo ancora all’anno zero e per noi è importante fermare subito tutti gli inceneritori presenti, perché quando si va a smaltire in questi tipi di impianti si brucia solo un terzo di tutto, gli altri due li si porta in discarica, dunque l’operazione di smaltimento, che è definitiva ultima operazione, diventa quella decisiva, perché si salta il riuso ed il riciclo. Sostanzialmente si è  fatta dell’illegalità una legge>>.

Questa campagna però deve fare i conti con i tanti incentivi di cui gode l’ingranaggio dei termovalorizzatori …

<<I certificati verdi e gli incentivi economici per questo tipo di impianti, diramati lo scorso anno con un Decreto del Ministro allo Sviluppo Economico, Corrado Passera, vengono abrogati dalla nostra proposta di legge. Di contro proponiamo incentivi al riciclo ed al recupero, basandoci su due capisaldi: è fondamentale una moratoria per l’incenerimento, perché, come dice l’Europa, se nel 2020 dovremo chiuderli, abbiamo a disposizione soli sette anni e quest’impianti hanno bisogno di 15-20 anni di ammortamento di capitale, quindi è irragionevole andare ad autorizzare impianti che tra sette anni andranno chiusi; proponiamo che il CONAI, il consorzio nazionale di imballaggi, esca fuori dalla logica monopolistica. Ad oggi il CONAI sta abbassando i costi delle materie prime, ma a nostro avviso questo consorzio non può restare all’interno di un percorso chiuso. C’è la necessità di una remunerazione, al pari della media europea, delle materie prime e seconde riciclate. Dobbiamo creare le condizioni per avere un mercato economico all’interno di questo settore: chiudere agli incentivi alla distruzione ed aprire agli incentivi sui recuperi>>.

Come si è arrivati a quella che appare una semplificazione della gestione rifiuti in Italia: affidarsi ai cementifici?

<<Non ha alcun senso dare autorizzazioni ai cementifici per la distruzione dei rifiuti, perché questi sono ancora più dannosi. Gli inceneritori hanno una normativa più stringente per le emissioni in atmosfera di ossidi di azoto, zolfo e diossina. I cementifici invece non hanno dei sistemi filtranti. Questo è molto pericoloso perché su tutto il territorio abbiamo cinquantasei cementifici, di cui molti inseriti nel tessuto urbano: è un attacco alla salute! Un decreto dell’ex Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, diede ai CSS, combustibili solidi secondari, una legittimazione a circolare, essendo rifiuti speciali e non più urbani. I rifiuti, prima di questa modifica, andavano gestiti nell’ambito regionale, perché i CDR, combustibili derivati dai rifiuti, non potevano circolare liberamente, vista la loro natura di rifiuti urbani selezionati. Invece con questo marchingegno tecnologico, tramutando i CDR in CSS, si è fatto in modo di creare un nuovo tipo di carbone o petrolio sintetico, spendibile e bruciabile ovunque. Con la nostra proposta di legge chiediamo che il CSS ridiventi rifiuto urbano, quindi non libero di circolare e che sia vietata la combustione in quanto tale. È stato dimostrato che compiere tutto ciò in cementifici, inceneritori o centrali termoelettriche è un processo economicamente svantaggioso e dannosissimo per l’ambiente. Noi invece ci battiamo affinché si giunga alla chiusura ed al blocco di tutti questi impianti, che dovranno subire una riconversione impiantistica>>.

Perché si è intrapresa nuovamente una strada contraria ad un ciclo di rifiuti proiettato verso il futuro e che è utile solo ad un certo tipo d’industrializzazione del settore? Al di là degli ovvi interessi economici, quali sono i motivi del ripescaggio dei cementifici per risolvere l’emergenza rifiuti?

<<C’è una lobby industriale che guadagna solo dall’assistenza pubblica dei contributi. Questi soggetti non possono perdere il loro giro d’affari e chiaramente si studiano tutti i mezzi per restare avvinghiati a questi introiti. Sui motivi invece che hanno spinto a tirare in ballo i cementifici,  possono essere riconducibili alle difficoltà di costruire nuovi inceneritori, perché molti comitati cittadini stanno impedendo, con ricorsi anche ai vari TAR, tali operazioni o comunque le rallentano. Questo provvedimento invece avrebbe già cinquantasei impianti funzionanti ed a disposizione, che con la solo comunicazione, perché non c’è più bisogno dell’autorizzazione integrata ambientale  (la valutazione di impatto ambientale non è più obbligatoria) potrebbero bruciare rifiuti. Così facendo i cementifici guadagneranno ancora di più con i certificati verdi, lucrando nel tempo previsto (quindici anni) e continuando a contaminare l’ambiente con diossina ed altri composti organici>>.