Inceneritore di Trento: i movimenti hanno vinto! Ma è stato realmente accantonato?

Intervista a Gianfranco Poliandri, esperto in diritto ambientale e attivista del movimento contro l’inceneritore.

30 / 11 / 2012

 

Il 23 ottobre scorso Pacher, assessore all’ambiente della PAT, ha annunciato attraverso la stampa che l’inceneritore di Trento visti gli importanti risultati della raccolta differenziata non è più necessario. Questa decisione giunge per certi versi inaspettatta visto che il fronte pro inceneritore poteva contare non solo sulle arroganti certezze di assessore all’ambiente e presidente della Provincia, ma anche sulla ossequiosa sottomissione della maggior parte dei consiglieri provinciali e quelli del comune di Trento.

Di sicuro non possiamo che essere soddisfatti perchè dopo più di 10 anni di resistenza ampia all’ipotesi d’incenerire i rifiuti è possibile dire che i movimenti hanno vinto culturalmente e politicamente.

Uscendo però dai puerili trionfalismi di centro destra che addirittura  hanno fatto dire al senatore leghista Divina di aver vinto come se dieci bandierine padane e qualche gazebo potessero sortire qualche effetto (inoltre bisognerebbe ricordare che nei comuni del nord Italia amministrati dalla Lega l’inceneritore è tuttora di moda!),  vogliamo provare con Gianfranco Poliandri, esperto in diritto ambientale e attivo nel movimento contro l’inceneritore, a vedere i punti critici di questo importante risultato anche alla luce di un provvedimento del Governo Monti che permetterebbe di bruciare i rifiuti fuori provincia.

Da molti anni incombe in Trentino la minaccia della realizzazione di un inceneritore di rifiuti. Ma questo progetto risulta oggi di fatto accantonato?

Il 23 ottobre scorso l’assessore all’ambiente della Provincia di Trento ha annunciato che il progetto per un inceneritore a 5 km dalla piazza del Duomo di Trento subisce un sostanziale stop.

La stampa locale ha dato ampio risalto a questa indicazione. Proviamo a spiegarne il quadro di riferimento e la portata da un punto di vista critico.

Un provvedimento imminente del Governo Monti permetterebbe di smaltire alcune tipologie di rifiuti solidi urbani anche fuori dalla Regione di provenienza: non solo negli inceneritori ma anche in altri tipi di impianti capaci di bruciarli.

I movimenti di resistenza che in Trentino si sono opposti alla costruzione dell’inceneritore esprimono soddisfazione ma non possono trascurare il fatto che questo risultato locale si produce all’interno di un quadro nazionale in cui lo smaltimento dei rifiuti assume un carattere sempre più “liberista” e negativo per la salute delle popolazioni vicine agli impianti. In Italia, infatti, in un futuro imminente sarà possibile trasferire e bruciare in altra Regione rifiuti solidi urbani molto più facilmente e ampiamente di quanto non sia già consentito oggi per l’ex CDR (combustibile da rifiuti) ora diventato CSS (combustibile solido secondario), i combustibili da rifiuto. Questa innovazione in sostanza: 1) significa che potranno essere ostacolati tutti i percorsi regionali per migliorare la raccolta differenziata, il riciclaggio ed il riuso dei rifiuti solidi urbani; 2) significa che gli impianti più inquinanti diffusi sul territorio (tra cui oltre agli inceneritori ci sono acciaierie, cementifici e centrali termoelettriche che si comportano di fatto come inceneritori ma hanno vincoli ambientali e controlli pure inferiori a quelli per gli inceneritori veri e propri) potranno continuare a ricevere nuovo combustibile a prezzo conveniente e produrre nelle condizioni attuali invece che evolvere verso tecnologie di funzionamento non nocive.

Si potrebbe pensare allora che i dubbi ufficiali della Provincia sono una forma di opportunismo politico?

Il Governo del Trentino vuole semplicemente approfittare dell’iniziativa del Governo nazionale senza avviare un processo di ripensamento che abbia anche come esito l’accelerazione forte della raccolta differenziata e del riutilizzo dei rifiuti della provincia. Usa di fatto in modo spregiudicato questo ulteriore smantellamento dei vincoli nazionali per provare a uscire dalla trappola in cui si è cacciato – alimentando per più di dieci anni un progetto provinciale di incenerimento arretrato, inutile ed economicamente molto oneroso – senza pagare il prezzo politico degli errori e degli sprechi fatti.

E’ un tipo di atteggiamento che peraltro non ci fa escludere con sicurezza che – se cambiassero nuovamente le prospettive di allontanamento del combustibile da rifiuti fuori Regione – l’idea di incenerire in Trentino non si ripresenti magari sotto forme diverse, visto che gli interessi del settore costruzioni su questo progetto sono sempre vivi.

Possiamo ricostruire brevemente la storia di questo progetto e delle sue criticità principali?

Come dimostra il frettoloso “rompete le righe” della Provincia, l’idea di un inceneritore a Trento è stata categoricamente sbagliata fin dall’inizio, concepita solo per tentare di favorire gli interessi dei costruttori di impianti e dei produttori di energia a basso costo di esercizio e ad alto costo collettivo, nell’indifferenza più totale per le ricadute gravi e provate sulla salute dei residenti, sull’ambiente e sui bilanci pubblici.

Lo schema provinciale di chiusura del ciclo dei rifiuti attraverso l’incenerimento ha traballato fin dal suo concepimento: e cioè dalla prima proposta per un impianto da 330.000 tonnellate/anno cadute subito dopo a 240.000 nello Studio di Impatto Ambientale del dicembre 2002, poi ridotte ancora a 170.000 nel 2005 e infine portate a 103.000 nel III aggiornamento del piano provinciale rifiuti dell’agosto 2006. Segnali chiari di impostazioni approssimative, proprio negli anni in cui – con la pressione della cittadinanza e dei non pochi amministratori razionali – la raccolta differenziata in Trentino cresceva tra il 2002 e il 2011 dal 15% al 70%.

L’impraticabilità della strada imboccata dal Governo provinciale e dal Comune di Trento (che lo ha sempre supinamente affiancato) è paradossalmente mostrata dalle vicende del bando di gara per l’inceneritore: impostato nel settembre del 2008 con una valanga di consulenti strapagati, pubblicato a fine 2009, è stato oggetto di contestazioni e ricorsi ed infine ha prodotto assenza di concorrenti alla gara perché i possibili privati interessati a costruzione e gestione dell’impianto hanno ritenuto ancora scarsa l’economicità dell’impresa e poco interessanti i pur importanti incentivi pubblici. E sono stati accontentati: al momento dello stop, i promotori stavano giusto lavorando ad un nuovo bando di gara in cui sarebbe stato previsto un sacrificio ancora più grande di risorse pubbliche per favorire i privati con opere preparatorie e grande incremento del prezzo previsto per i conferimenti dei rifiuti.

Per finire, hai qualche dato sui momenti principali della lotta contro questo progetto?

Ora che comunque un inceneritore di rifiuti in Trentino ha del tutto perduto qualsiasi credibilità ed è politicamente morto, è giusto ricordare che non si è squagliato solo per le sue contraddizioni insostenibili.

L’opposizione di comitati, gruppi, associazioni ambientaliste, amministrazioni comunali, centri sociali e singoli cittadini è scattata fin dai primi annunci.

Bisogna ricordare almeno:

  • il referendum autoorganizzato del 30.11.2003;
  • la nascita nel marzo del 2004 di Nimby trentino (che forse più di tutti ha contribuito alla battaglia);
  • più di 30 serate di controinformazione in ogni angolo della provincia;
  • digiuni di protesta di molte persone per molti anni;
  • convegni di controinformazione importanti (tra cui quello del gennaio 2005 a Trento con il coinvolgimento della Coldiretti e quello del  novembre 2009 a Mezzocorona in cui è stato presentato lo studio alternativo dell’Ing. M. Cerani);
  • analisi critiche condotte in autonomia, come quella del dicembre 2010 sulle implicazioni del mondo imprenditoriale e finanziario trentino nel progetto (“L’inceneritore è nudo”);
  • manifestazioni di piazza, come quelle organizzate da Nimby Trentino il 31 ottobre 2009 e dal Coordinamento Trentino Pulito il 30 ottobre 2010.

È stata e continuerà ad essere (se sarà necessario) un’opposizione che ha saputo produrre una resistenza continua, non sempre unitaria, con percorsi anche diversi, ma alla fine efficace e vincente perché nel suo insieme ha fatto crescere la consapevolezza dei trentini, ha smontato il progetto e ne ha rallentato la corsa, ha incrinato l’arroganza dei promotori mostrandone l’incompetenza, la voluta superficialità e la subordinazione al mondo degli affari.

a cura di The Union Radio