Se a fine agosto abbiamo assistito alla scellerata decisione delle amministrazioni pubbliche, rappresentate dai sindaci e proprietarie dell’inceneritore di Schio, di aumentarne la capacità di incenerimento dalle attuali 80 mila a 109 mila tonnellate all’anno, in queste settimane assistiamo nella politica cittadina a una querelle che sa di teatro tragicomico e contemporaneamente di allarmante realtà.
 
L’attuale amministrazione di Schio – per opportunità politica – si è schierata contro l’ampliamento. Dopo le vicende create dalla precedente amministrazione Orsi non poteva che essere così. Assistiamo quindi a una rivendicazione politica che odora più di controversia di potere interna ad AVA che di una concreta preoccupazione sociale. Negli scorsi dieci anni non è stato svolto alcun lavoro di confronto con gli altri sindaci dei Comuni soci, all’interno dell’Assemblea dei Soci di AVA, per costruire alleanze contro i futuri progetti di ampliamento.
 
Dall’altra parte, a fronte delle preoccupazioni espresse in ogni occasione dalla comunità dell’Alto Vicentino, nulla da parte dell’area progressista di Schio e dintorni è stato preso in considerazione per potersi mettere in ascolto delle argomentazioni della cittadinanza che si aspetta da anni una riduzione della potenzialità dell’impianto di Ca’ Capretta. All’origine questo impianto è stato voluto e sponsorizzato proprio da quest’ultima area politica, la quale alludeva al fatto che avere la proprietà dell’impianto di incenerimento e mantenendolo piccolo lo si poteva controllare meglio, sia da un punto di vista tecnico che politico. Nonostante ciò, finora sono stati tre gli ampliamenti approvati con il benestare di tale ala politica. Le rassicurazioni dei dirigenti AVA e dei tecnici filo-incenerimento sono state sufficienti per nutrire sempre più le fiamme dei forni, seppellendo sotto la cenere qualsiasi remore sulla salubrità dell’impianto per i cittadini e per gli ecosistemi del territorio.
Dalla sua prima scintilla nel 1983, quando non bruciava neppure 15 mila tonnellate all’anno, oggi l’impianto si appresta a passare a 109 mila tonnellate di rifiuti bruciati ogni anno per i prossimi decenni, mandando in fumo l’ipotesi del “piccolo è meglio”. La politica tutta dà uno spettacolo ipocrita riducendo Ca’ Capretta ad una mera opportunità economica per rimpinguare le casse comunali e sbandierare demagogiche promesse con l’intento di accaparrarsi simpatie.
 
Quei 690 mila euro per ospitare l’impianto sul nostro territorio non fanno pensare al perché Schio, Santorso, Marano ricevono tale risarcimento? Non crediamo sia per farci tappare più facilmente il naso, ma, come dimostra uno studio sulle correnti d’aria, perché i fumi ricadono su queste zone. Ed è proprio qui che la querelle diventa allarmante realtà. Ci piace pensare che il nostro territorio, le nostre falde acquifere, l’aria che respiriamo non saranno mai alla merce di speculatori e non vedranno mai comportamenti delinquenziali che mettono il profitto al primo posto a discapito della salute delle persone. Questi sono comportamenti che di etica e di morale non hanno nulla.
 
E allora si spieghi alla cittadinanza perché da una settimana si discute di soldi e del loro uso, e non di come ridurre l’impatto dell’incenerimento sull’intero territorio nei prossimi anni. Si discuta delle ragioni dietro all’intento di ampliare questo strumento, che ha anche un’importante emissione di sostanze climalteranti, causa del cambiamento climatico ai cui drammatici effetti le persone si ritrovano sempre più spesso ad assistere impotenti negli ultimi anni, nell’Alto Vicentino ma anche altrove.
 
Ora, mentre la maggioranza e l’opposizione di Schio si contendono le idee su come spendere il denaro di indennizzo ambientale della Regione, ci sentiamo ancora una volta di rimettere al centro il reale problema dei nostri territori: la produzione di rifiuti e il loro smaltimento. Ulteriori investimenti sull’inceneritore andranno solo ad aumentare la nostra dipendenza dall’incenerimento nei prossimi anni, senza davvero agire sul sistema di (sovra)produzione di scarti e loro conseguente smaltimento, fonte di interesse per pochi privilegiati a scapito dei molti cittadini e cittadine sulle quali viene scaricata sia la responsabilità nella forma di raccolta (apparentemente) differenziata, sia il prezzo da pagare in termini di salute.