Mercoledì 1 maggio, ore 15.00

MAY DAY FOR PALESTINE – manifestazione

UN PRIMO MAGGIO CONTRO IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE E LA GUERRA: ABBASSO LE ARMI, IN ALTO I SALARI!
RITROVO ORE 15.00, PIAZZA A.ROSSI.
Dopo sei mesi di genocidio, non ci sono parole per descrivere l’indicibile dolore del popolo palestinese. Gaza è stata distrutta, gli ospedali, come quello di Al Shifa, sono rasi al suolo, e le statistiche dei morti – oltre 33 mila di cui 14 mila bambinə – non bastano a restituire la tragedia che si sta consumando. Dall’altro lato, è indicibile la furia genocida dello stato di Israele, i cui soldati sparano a freddo contro la gente affamata, contro donne e bambinə feritə, contro lə operatorə umanitariə. Nelle ultime settimane, Israele ha deliberatamente scelto di colpire Gaza non solo con le armi – l’ammontare di esplosivo sganciato sulla Striscia equivale ad almeno tre bombe nucleari di Hiroshima, compromettendo per sempre la vivibilità del luogo, anche per l’utilizzo del fosforo bianco – ma anche con la fame. Secondo l’Onu, oltre 500 mila persone a Gaza rischiano di morire affamate, mentre sono migliaia i camion carichi di cibo fermi ai valichi di confine, bloccati dallə civili e dall’esercito israeliani al grido “nessun aiuto per il nemico”. Anche le Ong internazionali sono costrette a ritirarsi dal campo perché considerate target militari, come ha dimostrato l’uccisione dellə volontariə di World Central Kitchen.
A quasi un mese dall’approvazione della risoluzione per il cessate il fuoco, nulla sembra poter fermare Israele e il suo governo. L’impunità di questi criminali di guerra, che sbriciolano il diritto internazionale, è possibile solo grazie al supporto dell’Occidente, che non dà seguito alla parole con i fatti. Infatti, diverse inchieste giornalistiche hanno dimostrato che l’Italia – che è il terzo paese al mondo per export di armi in Israele – ha continuato a fornire armamenti ad Israele anche dopo il 7 ottobre. L’Italia è inoltre alla guida della missione militare nel Mar Rosso, e non più tardi dell’8 aprile la Meloni ha ricevuto il ministro degli esteri israeliano Kantz a Roma, per rinsaldare le relazioni diplomatiche. Secondo moltə giuristə, lo stato italiano – come sta accadendo alla Germania – potrebbe essere formalmente accusato di complicità con
il genocidio alla Corte Internazionale di Giustizia, per non aver adottato nessuna azione concreta per fermare il genocidio.
Mentre l’imminente attacco a Rafah – dove un milione e mezzo di sfollati lottano per la sopravvivenza – si prefigura come una catastrofe umanitaria senza precedenti, Israele prova pericolosamente ad allargare il conflitto a tutto il Medio Oriente, per ricompattare l’Occidente contro l’Iran. Trascinando il mondo verso un’escalation bellica di portata globale, Netanyhau prova così a farci dimenticare il genocidio in corso in Palestina, che intanto continua.
Ma i venti di guerra soffiano sempre più forti anche in Europa. Si intensificano le ostilità sul fronte russo-ucraino, e le insistenti dichiarazioni dei vertici Ue – dalle parole della Von der Leyen a quelle di Borrel – sembrano voler preparare anche psicologicamente la popolazione ad un imminente conflitto armato in terra europea. Da un lato assistiamo alla normalizzazione della guerra nel dibattito pubblico, dall’altro alla corsa al riarmo delle economie, sempre più
belliche, mentre vengono tagliate le spese sulla sanità e indebolito lo stato sociale. In un contesto di riassetto geopolitico globale, stiamo pienamente entrando in un nuovo “regime di guerra”, che impatta sul lavoro e sui servizi, che militarizza la scuola, l’università,
l’informazione.
Sappiamo che la guerra è uno strumento di riproduzione del capitale, la guerra indebolisce lə lavoratorə e rafforza le gerarchie sociali. La guerra è dei padroni e dei potenti che mandano i popoli al macello. Proprio contro il genocidio del popolo palestinese e contro la folle corsa alla guerra globale, negli ultimi mesi si sono mobilitate milioni di persone in tutto il mondo. Lo abbiamo fatto anche qui, nell’Alto Vicentino, ed è ora più che mai necessario continuare questa mobilitazione. Per questo, nella giornata dei lavoratori e delle lavoratrici saremo di nuovo in piazza a Schio: per non lasciare morire lə palestinesi in silenzio, perchè solo dal basso possiamo e dobbiamo bloccare il genocidio e l’escalation globale.
Non vogliamo armi ma salari più alti e posti letto negli ospedali. Non vogliamo eserciti ma servizi sociali, medici ed insegnanti. E vogliamo una Palestina finalmente libera. Blocchiamo il genocidio, blocchiamo la macchina della guerra.
 
Alto Vicentino per la Palestina