Rifiuti per decreto nei cementifici, primo sì in commissione
Le Camere sono sciolte, tra un mese si vota, ma l’iter per trasformare i rifiuti in co-inceneritori di combustibile solido secondario (l’ex Cdr) va avanti. I senatori che si occupano di “Territorio, ambiente, beni ambientali” hanno approvato lo schema trasmesso dal Consiglio dei ministri in una riunione di 50 minuti. Stop per ora alla Camera
di Luca Martinelli – 22 gennaio 2013
L’iter del provvedimento ha avuto un andamento carsico: annunciato in grande stile dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini nel mese di aprile, sparito d’estate (e forse c’entra qualcosa il caos intorno alla vicenda dell’Ilva di Taranto), è riemerso in un consiglio dei ministri di fine ottobre, quello del 26, che aveva approvato lo schema di decreto (da lì inviato alla Ragioneria centrale dello Stato). L’11 gennaio 2013 lo schema di decreto è sulla scrivania del presidente del Senato Giuseppe Schifani, che lo passa subito in commissione.
A Camera sciolte, però, l’attività legislativa continua solo “per decreti e atti di governo”, come ci spiegano dalla segreteria della commissione “Territorio, ambiente, beni ambientali”. Riunione che filano via rapide, come quella del 16 gennaio appunto, che è durata dalle 9.10 alle 10 del mattino.
In cinquanta minuti c’è stato il tempo di discutere del decreto “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 gennaio 2013, n. 1, recante disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti e di taluni fenomeni di inquinamento ambientale”, dello “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione gas ad effetto serra” e -anche- dell’utilizzo dei combustibili solidi secondari (il Css, ex Cdr, comubustibile da rifiuti) nei cementifici.
Sul sito della commissione è possibile leggere il resoconto della presentazione da parte del presidente, il senatore D’Ali: “In fase di prima attuazione si è ristretta l’applicazione agli impianti di produzione di cemento a ciclo completo con capacità produttiva superiore a 500 tonnellate giornaliere di clinker”, racconta ai colleghi. Poi, “poiché non vi sono interventi in discussione, previa verifica del numero legale prescritto, la proposta di parere favorevole con condizione è posta ai voti e quindi approvata”.
La condizione è questa: “All’articolo 3, comma 1, lettera d), e comma 3, nonché all’articolo 5, comma 3, la parola: ‘salve’ sia sostituita con le parole: ‘ivi incluse'”. Leggiamo il comma: “agli impianti di cui all’articolo 1, comma 1, siano applicati le prescrizioni, le condizioni di esercizio, le norme tecniche e i valori limite di emissione fissati conformemente al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, salve [in merito a questa parola emerge la ‘condizione’ posta dai senatori della commissione, ndr] le deroghe consentite dal medesimo decreto. È fatta salva l’applicazione delle prescrizioni, delle condizioni di esercizio, delle norme tecniche e dei valori limite di emissione, eventualmente più restrittivi, dettati dall’autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
Nei mesi scorsi avevamo chiesto al ministero dell’Ambiente tutta la documentazione relativa allo schema di decreto. E un’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, ci aveva colpito. Perché faceva riferimento alla “continua crescita della quantità di rifiuti [che] costituisce un problema ambientale e territoriale comune a tutti i paesi industrializzati, ma con connotati più gravi per l’Italia e, in particolare, per alcune aree del nostro Paese che fanno ancora ampio ricorso allo smaltimento in discariche, di cui molte fra l’altro in via di esaurimento”. Aggiungendo anche che “la prassi dello smaltimento in discarica rappresenta non soltanto un potenziale rischio ambientale, ma anche un enorme spreco di risorse materiali ed energetiche quali sono i rifiuti”.
Altri punti della relazione danno conto della natura e delle caratteristiche di quei rifiuti trasformati in combustibile solido secondario (CSS): “Il CSS non è composto da rifiuti tal quali, ma è un combustibile ottenuto dalla separazione, lavorazione e ri-composizione di rifiuti solidi urbani e speciali non pericolosi. Le attuali tecnologie industriali consentono di garantirne nel tempo le caratteristiche e i parametri qualitativi (potere calorifico, minor concentrazione di inquinanti, contenuto di biomassa, ecc.)”. Ecco che rifiuti solidi urbani, per cui vige il principio della gestione e della “chiusura del ciclo” a livello territoriale, diventano rifiuti speciali, ovvero rifiuti che possono attraversare il Paese (e non dimentichiamo che il sistema di tracciabilità di questi rifiuti speciali, Sistri, è ancora un miraggio).
La relazione spiega anche perché scegliere i cementifici: “La scelta dei cementifici è quindi motivata anche dal fatto che tale tipologia di impianti è, già oggi, ben distribuita sul territorio nazionale, anche in quelle regioni italiane sprovviste di impianti dedicati (termovalorizzatori) che, invece, dovrebbero essere realizzati ex novo, producendo ulteriori pressioni sull’ambiente e sul territorio. Fermo restando che da soli i cementifici non possono essere il terminale di valorizzazione per tutti i rifiuti e che essi non possono che integrarsi in un piano organico di gestione dei rifiuti che prevede, ovviamente, anche altre forme di gestione dei rifiuti (anche attraverso impianti dedicati), i cementifici offrono il grande vantaggio di costituire degli impianti comunque già presenti sul territorio nazionale e in esercizio”.
Tradotto in una riga: meglio un cementificio che un nuovo inceneritore. Non si considera, però, che una volta che un insieme di Comuni firma un “contratto” per conferire i propri rifiuti a un’azienda che produce Cdr (o Css), quell’impegno dev’essere onorato (come abbiamo descritto in quest’articolo, in riferimento a uno degli ambiti territoriali individuati dalla Regione Puglia). E -per tutta la durata del contratto- è impossibile avviare serie politiche di riduzione dei rifiuti, pratiche come quelle messe in campo dai Comuni che aderiscono all’associazione nazionale della Comunità verso rifiuti zero, a cominciare da Capannori, in Lucchesia.
Di tutto questo, però, in commissione non si è parlato. Dei senatori presenti nessuno ha sentito il bisogno d’intervenire. E allora crediamo importante elencare i loro nomi (l’elenco è desunto dal resoconto stenografico dell’intera riunione, perché dalla Commissione ci hanno spiegato che questo era -anche per un giornalista che lo chiedeva- l’unico modo per capire chi fosse o meno presente): D’Ali (Pdl), Alicata (Pdl), Vallardi (Lega Nord), Della Seta (Pd), Ferrante (Pd), Mazzuconi (Pd).
Nel pomeriggio del 22 gennaio, invece, il provvedimento è stato momentaneamente stoppato alla Camera, dove il presidente della commissione Ambiente -su proposta dei deputati Mariani, Bratti e Miotto, del Partito democratico- ha rinviato la discussione. È probabile una nuova convocazione della commissione per l’11 febbraio.